Il piglio è come al solito deciso e pure un po' strafottente: «Vedo gente che dopo un po' che sta al governo si arrende, io preferisco correre il rischio di essere arrogante che arreso».
Ma nello studio tv di Porta a Porta , ieri sera, Matteo Renzi ha anche provato a rettificare l'immagine un po' troppo sbarazzina e giocherellona, per rassicurare il pubblico vespiano sul fatto che lui al governo fa sul serio: «Sono accusato di sorridere un po' troppo - dice - e mi domando se sia giusto questo atteggiamento. Ma vorrei che gli italiani avessero la consapevolezza che dietro a questo sorriso c'è uno che ha tanta voglia di faticare, di lavorare». Poi, correggendo anche gli eccessi di ottimismo del passato, assume per una volta il ruolo del «gufo» e avverte che non c'è granché da aspettarsi dal Pil di quest'anno: «Più o meno balliamo intorno allo zero e non è sufficiente per ripartire: i dati nel 2014 non saranno entusiasmanti», ammette. Poi rivendica comunque di aver portato un miglioramento, rispetto ai suoi predecessori: «L'Italia ha perso posizioni in questi anni: -2,4% nel 2012, -1,9 nel 2013, ora intorno allo zero. Abbiamo rallentato la caduta». Però annuncia che «nella legge di stabilità 2015 avremo un'ulteriore riduzione del costo del lavoro e la finanziamo con la riduzione della spesa». Il governo, spiega, sta valutando sia la soluzione Irap che la soluzione contributiva. La scommessa è quella di «ridare potere d'acquisto al ceto medio», ma sull'allargamento della platea di chi ha avuto il taglio degli 80 euro per ora non c'è niente da fare, riconosce: «Non ci sono le condizioni».
Per l'inaugurazione della stagione autunno-inverno dei talk show, Bruno Vespa è andato sul sicuro: il premier resta una garanzia per l'audience. E così ha invitato Matteo Renzi per un puntatone a 360 gradi sul governo, e gli ha presentato in studio, al posto del plastico della casa di Avetrana, un piatto di tortellini in brodo, in onore del «patto del tortellino» tra i leader del socialismo europeo convenuti a Bologna, strappandogli la punzecchiatura contro uno dei suoi nemici interni: «Dopo il risotto di D'Alema, i tortellini...». E sulla sfilata in camicia bianca fa autoironia: «Hanno fatto una classifica dei cinque più belli presenti lì con me e io mi sono classificato sesto».
Il messaggio al Pd del resto è chiaro: il partito ha un leader, e chi spera di indebolirlo col fuoco amico ha sbagliato indirizzo. A chi (vedi D'Alema e Bersani) ha ricominciato a sparare sul «doppio incarico» replica secco: «A lasciare la segreteria del Pd non ci penso neppure un nanosecondo», spiega. E ribadisce di esser pronto a fare spazio alla minoranza, purché sia chiaro che decide chi è legittimato dal voto: «Ci sono tre anni senza passaggi elettorali, il Pd cosa fa? Sta a discutere guardandosi l'ombelico o prova a cambiare il Paese? Se volete cambiare il paese venite e lavoriamo, ma per tre anni facciamola finita con gli scontri interni». La vis polemica renziana non si esercita solo sugli avversari interni: il premier non risparmia i soliti «gufi», ribattezzati «professionisti della tartina», quelli che «organizzano convegni e tra una tartina e l'altra discutono di problemi che stanno sul tavolo da 30 anni. La differenza tra gufo e non gufo è che questo i problemi prova a risolverli». Duro anche con i sindacati delle forze dell'ordine che minacciano scioperi: «Si sono comportati in modo indecoroso. Devono rimangiarsi quello che hanno detto e poi discutiamo, i denari si possono trovare».
La spending review porterà 17 miliardi di tagli «non lineari», e le pensioni medie «non si toccano». Ma Carlo Cottarelli se ne andrà: «Ha chiesto tre mesi fa di tornare a Washington per ragioni familiari, gli ho detto di restare per la legge di stabilità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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