Renzi tra Moro e Craxi In Senato lo show garantista

Il «j'accuse» del leader di Italia viva dopo il caso Open: «Non lasciamo decidere ai giudici cosa è la politica»

Renzi tra Moro e Craxi In Senato lo show garantista

Il pericolosissimo «vuoto della politica» denunciato da Bettino Craxi. I ripugnanti «processi di piazza» e mediatici profeticamente stigmatizzati da Aldo Moro. Il dilagare di un potere (quello giudiziario) nello spazio mal difeso di un altro (legislativo ed esecutivo), lasciando Montesquieu a rigirarsi senza pace nella tomba. E poi, tornando ad un presente che lo investe in prima persona, l'inchiesta sulla Fondazione Open, costellata di incredibili violazioni di ogni riserbo istruttorio, e la «invasione di campo» di una magistratura che pretende anche «di decidere cosa sia un partito e cosa no».

Nell'aula del Senato, convocata ieri mattina per discutere di finanziamenti ai partiti e di rapporti tra politica e giustizia, il protagonista assoluto è Matteo Renzi. Del resto è stato lui stesso a chiedere il dibattito, dopo i colpi mediatico-giudiziari che lo hanno fatto vacillare in queste settimane. Un Renzi che non solo fa professione di garantismo (tardiva, accusano i critici), ma che rompe anche un tabù che paralizza da decenni la sinistra (e dal quale l'ex premier non è certo stato esente) con il suo omaggio al leader socialista morto in esilio ad Hammamet. «Il 3 luglio del '92 - ricorda il senatore di Italia viva - Craxi pronunciò un discorso molto citato e poco letto, chiamò in causa tutto l'arco costituzionale ricordando che larga parte del finanziamento ai partiti era illecito o irregolare. In quel discorso disse: ho imparato ad avere orrore del vuoto politico. Ed è proprio di questo che discutiamo ancora oggi: non di finanziamento illecito ma di debolezza della politica». Di Moro ricorda l'appassionata arringa sul caso Lockheed e i processi di piazza (o di stampa), lo «scandalo montato ad arte» che porto alle dimissioni del presidente Leone, cui «solo Emma Bonino e Pannella ebbero il coraggio e l'onestà intellettuale di chiedere scusa». Infine il caso personale: le perquisizioni a tappeto di gente rea di aver versato «contributi leciti e trasparenti» alla sua associazione, le «violazioni sistematiche» del segreto istruttorio. «Se al pm - sottolinea - affidiamo non già la titolarità dell'azione penale, ma dell'azione politica, lasciamo alla magistratura la scelta di cosa è politica e cosa no».

Applausi dal centrodestra e da qualche (sparuto) dem, silenzio dalla maggioranza. «Monumentale», dice l'azzurro Rotondi, mentre i figli di Craxi, Bobo e Stefania, apprezzano il «coraggio» della citazione in positivo del padre. «È il primo ex primo ministro a citare quel discorso, dopo 25 anni», sottolinea Bobo.

Ma anche da parte garantista arrivano critiche: «La clava giudiziaria continua ad essere usata sapientemente e a targhe alterne da tutti, compresa certa politica. Mi spiace dirlo ma la ha usata anche Renzi che oggi, grazie ad alcuni trattamento ricevuti, rivede alcune sue posizioni del passato», sottolinea Stefania Craxi. E il senatore di Forza Italia Andrea Cangini definisce le parole di Renzi «assolutamente condivisibili», ma ricorda: «Se siamo arrivati a questo punto, se la politica è delegittimata e il suo spazio viene invaso dalla magistratura è anche perché in quest'aula nessuno è senza peccato.

Neanche lei, che esultò alla decadenza di Berlusconi ex legge Severino, spiegò la riforma del Senato come taglio alle poltrone e risparmio di denaro pubblico, e ha fatto nascere l'attuale governo sul vergognoso ed antidemocratico taglio dei parlamentari».

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