La Leopolda numero 10 si chiude - tra ressa, entusiasmo e ovazioni a salutare il «nuovo inizio» fuori dal Pd - con una doppia Opa lanciata da Matteo Renzi. Quella sul Pd stesso, con cui annuncia senza giri di parole di voler fare la stessa operazione di svuotamento riuscita a Macron con il Ps francese. E quella sull'elettorato di Forza Italia, dopo quello che l'ex premier definisce «il passaggio di consegne di Piazza San Giovanni», che ha sancito la nascita di un centrodestra a trazione salviniana.
Il fondatore di Italia Viva ha individuato con notevole prontezza un'area politica di confine tra sinistra liberale e destra moderata che è rimasta totalmente priva di rappresentanza, tra un Pd risucchiato dal populismo forcaiolo di M5s e un centrodestra consegnato al sovranismo, e si candida ad occuparla. Al governo Conte due, di cui rivendica la primogenitura («cambiare idea sull'accordo con i Cinque Stelle mi è costato umanamente moltissimo. Ma l'alternativa ad assecondare il blitz di Salvini era solo fare politica, e non mi pento di averla fatta») manda un messaggio chiaro: non siamo certo noi a voler staccare la spina alla legislatura. Anzi: «Chi ci accusa di volerlo fare dovrebbe forse guardarsi allo specchio». La tentazione di andare al voto per rafforzare il proprio partito (per il Pd zingarettiano) o blindare la propria leadership (per Conte) rischia di essere il miglior regalo a Salvini, che «ha un obiettivo chiaro: mettere le mani sul Quirinale» facendo saltare la legislatura prima del 2023, quando scadrà il mandato di Mattarella. Mentre invece nell'attuale Parlamento «esiste una maggioranza europeista che può sconfiggere i sovranisti ed eleggere un successore di Mattarella che creda nell'Unione europea». E avverte: «La durata di questa legislatura non è nella disponibilità del premier, che peraltro non è un parlamentare, e di altri leader politici, anche loro non eletti in Parlamento».
La frecciata è esplicitamente diretta a Conte e Zingaretti. Al segretario dem e al ministro della Cultura Franceschini («Che sono e restano amici»), Renzi rivolge anche un appello, quello a rilanciare subito il progetto del suo governo di ristrutturare il carcere borbonico della Ventotene dove Altiero e Spinelli e Ernesto Rossi, al confino, scrissero il Manifesto del federalismo europeo. «Facciamone la casa d'Europa». E nei corridoi della Leopolda c'è chi, tra i dirigenti del nuovo partito renziano, invita a leggere tra le righe del messaggio e prova a decrittarlo a futura memoria: «Chissà che Matteo non abbia in testa proprio un identikit come quello di Dario, per il Quirinale: un mattarelliano doc, primo teorico dell'abbraccio con i Cinque Stelle per isolare Salvini, uno che da ministro della Cultura si è ritagliato un profilo al di sopra delle beghe politiche ma che sa benissimo come muoversi nel Palazzo, e a cui Zingaretti non potrebbe certo dire no...».
Ovviamente è troppo presto per fare previsioni fantapolitiche sul prossimo inquilino del Colle, ma la suggestione di Franceschini che da Ventotene si intesta il rilancio del messaggio europeista e l'eredità di Mattarella circola, tra il serio e faceto, nelle chiacchiere leopoldine.
A Salvini, «più don Abbondio che don
Rodrigo», Renzi riserva critiche durissime ma anche sarcasmo: «Pensa di offendermi dicendomi hai solo il 4%. Beh, complimenti: se ti sei fatto fregare da uno che ha solo il 4%, forse hai bisogno di una lunga vacanza al Papeete».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.