Renzi-Padoan ai ferri corti Adesso anche il governo rischia di cadere dal Monte

Il premier per la soluzione di mercato. Il ministro propone l'intervento statale d'intesa con Bruxelles

Renzi-Padoan ai ferri corti Adesso anche il governo rischia di cadere dal Monte

Roma Se la parola d'ordine negli ambienti governativi quando vengono interpellati sul caso Mps è sempre «soluzione di mercato», questo significa che non pochi sono i problemi rimasti irrisolti sul tavolo nonostante manchino solo tre giorni alla pubblicazione degli stress test effettuati dall'Eba sulle cinque principali banche italiane.

Il fronte renziano, simbolicamente rappresentato dallo stesso premier e dal ministro Maria Elena Boschi, si sta dando da fare per scongiurare il peggio, ossia il bail in che coinvolgerebbe soprattutto gli investitori istituzionali visto che Bruxelles ha già detto che sono possibili deroghe per i risparmiatori. Ecco Bruxelles non è un luogo buttato lì a caso perché è a Bruxelles che il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si reca per interloquire con la Direzione Concorrenza. E al titolare del Tesoro di spendere la propria credibilità internazionale per venire poi sconfessato in patria non va proprio giù.

Insomma, se l'intervento dello Stato implica il pagamento del prezzo del cosiddetto burden sharing (condivisione delle penalizzazioni; ndr), bisogna pagarlo. Anche se è salatissimo, perché potrebbe preludere a un progressivo allontanamento degli investitori esteri. L'Italia paga anche oltre i propri demeriti ma, se i conti pubblici fossero stati più in ordine, forse qualche scappatoia con l'Europa si sarebbe potuta trovare. Ora a Renzi sentirsi ripetere il solito elenco di «compiti a casa» sicuramente non piace ed è per questo che tramite la Cassa depositi e prestiti sta spingendo per ricercare nuovi potenziali «salvatori» del Monte. Per ora sono state trovate le casse previdenziali, oggi è un altro giorno e magari da Jp Morgan potrebbero giungere buone notizie. Né, tanto meno, Matteo Renzi è entrato nell'ordine di idee di dover emanare, nel caso, un nuovo decreto per consentire l'intervento in Mps, ove mai fosse necessario. Sarebbe un segnale di resa, complicherebbe i lavori parlamentari, riaprirebbe un fronte mediatico relativo all'utilizzo di risorse pubbliche per le banche.

Se oltre a questa vicenda si considera anche l'avvio problematico della sessione di bilancio, il quadro politico si complica notevolmente. È chiaro che lo stop a nuove spese che via XX Settembre sta facendo ufficiosamente filtrare attraverso i canali mediatici, sta irritando non poco Palazzo Chigi che, insomma, vorrebbe inserire nella prossima manovra qualche misura di rilancio dei consumi per le famiglie.

Il governo Renzi sta sicuramente vivendo il periodo più difficile dei suoi 30 mesi di vita. Non è un mistero che di tanto in tanto facciano capolino rumor malevoli relativi a un avvicendamento del premier, soprattutto in caso di esito negativo del referendum. Avvicendamento che potrebbe contemplare profili tecnici come quello di un ex capo economista dell'Ocse. Non sfugge agli attenti osservatori il recente iperattivismo del presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia.

«Se lo Stato deve immettere risorse, allora è meglio se gestisce l'intervento sin dall'inizio», ha dichiarato ieri in un'intervista al Qn criticando nuovamente sia il titolare del Tesoro che la «soluzione di mercato» prospettata dal governo. Il fatto che nel Pd sia rimasto uno dei pochi esponenti legati all'ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, potrebbe non rappresentare una semplice coincidenza.

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