Politica

Renzi, la paura fa 52. L'asticella in Emilia sembra troppo alta

Alle elezioni di domenica al Pd non basta vincere con Bonaccini. C'è da confermare il risultato bulgaro delle Europee di maggio

Bei tempi, quelli. Bei tempi, ancora pochi mesi fa, quando il Pd rastrellava da queste parti consensi su consensi sino ad ammonticchiare statistiche e percentuali molto ma molto stuzzicanti. Prendete quel 52,5 per cento conquistato, in maggio, alle consultazioni europee: rappresentò l'ennesima riprova che l'Emilia-Romagna era il più tranquillo, fidato serbatoio di voti per un Pd allora in netta ascesa sull'onda lunga dell'effetto Renzi.

In buona sostanza, andando a guardare più da vicino i risultati si scoprì, una volta di più, che oltre un elettore su due, fra quelli recatisi a votare, aveva scelto il Pd. I bei tempi, quei bei tempi, mettevano appetito e facevano alzare l'alzabile: calici e morale. Il segretario provinciale Raffaele Donini dava appuntamento in Piazza Maggiore per festeggiare l'esito del voto e lanciava zuccherosi «grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno dato fiducia» su Facebook invitando tutti a «condividere insieme questa grande gioia perché ci speravamo e ora sogniamo».

Già, ora sogniamo. Anzi sognano Renzi e i renziani che accarezzano soavemente l'idea di tornare agli antichi fasti in occasione della chiamata alle urne di domenica, 23 novembre. E, sospinto da questa simpatica idea, il premier si presenterà qui domani sera per chiudere la campagna elettorale in Emilia Romagna a sostegno di Stefano Bonaccini. Sulla vittoria, certificano sondaggi e sondaggisti, non ci sono dubbi. La più recente indagine sui gusti degli elettori emiliano-romagnoli arrivata al quartier generale piddino del Nazareno dà Bonaccini oltre la maggioranza assoluta, mentre il candidato del centrodestra, il leghista Fabbri sotto il 30 per cento. Crollerebbe Grillo, che, dopo il festival di piccole e grandi epurazioni, vendette trasversali et similia , sentendo abbondante puzza di bruciato, si è sempre tenuto alla larga da questi luoghi.

Resta il fatto, incontrovertibile, che ripetere l'exploit sì, insomma, stravincere e non solo vincere, sembra davvero una mission impossible per Matteo Renzi che non è mai stato così in calo di popolarità presso l'elettorato come in questo periodo. Sotto questo punto di vista la sfida, la difficilissima sfida che attende il premier e i suoi seguaci è già persa in partenza perché già raggiungere la soglia del 40 per cento sembra impresa tutt'altro che semplice. L'avversario da battere per riuscire a vincere almeno dignitosamente? Uno e uno solo prima di tutto, il partito dell'astensione. L'incubo del Pd è quello di una vittoria dimezzata: Bonaccini presidente, ma fiaccato da un'affluenza al 50 per cento o persino inferiore.

Altrimenti non si spiegherebbe anche la malcelata preoccupazione del super candidato, blindato da Renzi, Stefano Bonaccini che ieri è andato in giro, ripetendo alle agenzie e ai cronisti che si deve votare, che gli elettori dell'Emilia Romagna: «Indipendentemente da chi voteranno, non perdano l'opportunità di esercitare il diritto di voto. In ogni caso – strilla Bonaccini - stiamo parlando del voto per la guida di una Regione che rimane uno tra i territori più avanzati d'Italia e d'Europa, dove, pur nella crisi, si è retto meglio che da altre parti dal punto di vista economico, garantendo peraltro alta qualità del sistema di welfare». E poi il candidato Pd alla successione di Vasco Errani, proclama: «Per quanto mi riguarda il progetto per l'Emilia Romagna è tornare tra breve tempo alla piena occupazione, garantendo che anche l'ultimo della fila possa sempre tagliare il traguardo».

Se lo dice lui. Ma basteranno proclami e appelli?

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