Renzi al Pd: "Vigliacchi". E fa asse con Salvini per riscrivere il ddl Zan

Caso Open, bordate pure a Bersani e D'Alema. La proposta sull'omofobia accolta dal leghista

Renzi al Pd: "Vigliacchi". E fa asse con Salvini per riscrivere il ddl Zan

Nella seconda giornata della Leopolda 2021 Matteo Renzi schiera un plotone garantista per abbattere il caso Open e rimette nel mirino Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema.

Il leader Iv riapre il dossier ddl Zan, incassando l'asse di Matteo Salvini sulla proposta di estendere la legge Mancino ai reati connessi all'omofobia, alla transfobia e all'abilismo: «Chi ci sta la vota e chi non la vota è il profeta del bla bla bla. Lo diciamo soprattutto a chi preferisce i like alle leggi» annuncia l'ex premier dal palco della stazione di Firenze.

Giunge in tempo reale l'ok da parte del leader del Carroccio: «Aumentare le pene per chi discrimina, offende o aggredisce in base all'orientamento sessuale? Per me si può votare anche domani, tanto che esiste una proposta di legge a mia firma in Senato. Se non si tirano in ballo i bambini, la libertà educativa e la libertà di pensiero, la legge si vota in due minuti» rilancia Salvini.

Il finale show della seconda giornata è tutto dedicato all'inchiesta Open sui presunti finanziamenti illeciti dati alla fondazione che faceva capo all'ex premier.

Sul palco si alternano Enrico Costa, ministro dei governi Renzi e Gentiloni, l'avvocato Annamaria Bernardini de Pace, il presidente dell'Unione delle camere penali Gian Domenico Caiazza.

Chiude Renzi. Parla più di un'ora e sfida i magistrati fiorentini: «Non ho paura della verità, non mi fermerò, andrò in tutte le sedi per me e per la mia famiglia. Male non fai, paura non avere». L'ex rottamatore va subito al punto dirimente dell'inchiesta Open: «Chi decide cosa è politica e cosa non è? Nei paesi democratici lo decide il Parlamento, là dove è il giudice penale a deciderlo la libertà democratica è messa a rischio. Noi non abbiamo violato nessuna norma, altri hanno violato le guarentigie costituzionali, io non ho violato leggi e non ho rubato un centesimo, penso che sia stata violata la Costituzione».

Al Pd non risparmia gli attacchi: «Ha un silenzio vigliacco». Poi sferra l'affondo contro Pier Luigi Bersani: «Ha ricevuto dai Riva 98mila euro per la sua campagna elettorale. Lui parla di etica e dice di non avere mai preso neppure un caffè. Ma quanto costano i caffè a Taranto?». A stretto giro la replica di Bersani: «Il livello del dibattito sta diventando squallido». Dopo tocca a Massimo D'Alema: «Ha distrutto Mps che nemmeno la peste». Non manca la frecciata ai Cinque stelle: «A distruggerli non è stata la Fondazione Open ma la lotta tra Di Maio e Conte». Respinge tutte le accuse sulla «bestia» che sarebbe stata messa in piedi di Marco Carrai: «Noi vittime delle fake. La macchina l'abbiamo subita». E cerca di smontare il teorema dei magistrati di Firenze: «Con il referendum nel 2016 volevamo cambiare il Paese, non c'era nessuna corrente da finanziare o fondare». Promette che sarà al processo e chiederà di parlare in tutte le udienze.

Gli interventi, prima della chiusura di Renzi, designano un manifesto del garantismo. Secondo il presidente dell'Unione delle camere penali Caiazza il punto centrale è la responsabilità dei magistrati: «C'è uno squilibrio tra i poteri. I magistrati devono assumersi la responsabilità di aver fatto saltare, con un errore, un governo». In collegamento il costituzionalista Sabino Cassese, a cui la platea della Leopolda riserva un lunghissimo applauso, e l'ex magistrato Carlo Nordio.

Nordio si sofferma due aspetti che andrebbero riformati: il potere assoluto e insindacabile dei pm, che possono decidere senza alcun controllo (come nel caso delle 92mila pagine dell'inchiesta Open) quali siano gli elementi rilevanti in un'indagine, e il divieto, da introdurre subito, per i magistrati di entrare in politica sia durante l'esercizio della funzione sia dopo». Oggi cala il sipario sulla Leopolda 11.

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