Per inaugurare la settimana della «ripartenza», Matteo Renzi usa come di consueto un tweet , postato alle sette di mattina e corredato dalla foto del cortile di Palazzo Chigi: «Buon lavoro a chi torna oggi in ufficio. #ciaovacanze».
Il lavoro, a Palazzo Chigi, è concentrato sui due appuntamenti clou del fine settimana: il Consiglio dei ministri di venerdì, e il vertice Ue di sabato, che riaprirà ufficialmente i giochi in Europa, e non solo sul fronte nomine. Tra la brusca frenata della locomotiva economica tedesca e l'improvvisa crisi di governo in Francia, il governo italiano riflette su come giocare al meglio le sue carte per ottenere un allentamento della linea di austerità. Facendosi forte anche delle posizioni del capo della Bce Mario Draghi, secondo il quale per avviare una ripresa occorrono anche «politiche di domanda», che facciano da contrappeso a quelle del rigore di bilancio.
Ma, come Draghi non si stanca di ripetere e come Renzi sa bene, per presentarsi al tavolo europeo come interlocutore credibile l'Italia deve innanzitutto dimostrare di saper fare la sua parte sul fronte delle riforme. Ed è su questo che a Palazzo Chigi si sta riflettendo: come accelerare sui temi decisivi, facendosi precedere in Europa da un segnale di chiara volontà riformatrice. Cambiare verso, dunque: «Bene la circolare di Marianna Madia su rientri e permessi sindacali: è il segno che il governo fa sul serio anche su questo», dice il premier. Ma innanzitutto cambiare passo sulle riforme: «I mille giorni iniziano venerdì», dice il premier, che fa trapelare la possibilità che al Consiglio dei ministri non si presentino solo i tre capitoli all'ordine del giorno - scuola, giustizia civile e Sblocca Italia - ma anche il calendario complessivo delle riforme di sistema che il governo si propone di realizzare di qui a tre anni.
«Abbiamo ripreso il lavoro concentrandoci sulle priorità di cui ha parlato anche il presidente del Consiglio», spiega il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio. Ma nel carosello di incontri del premier (con lo stesso Delrio, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il commissario alla spending review Cottarelli, tutti i ministri che seguono da vicino i dossier delle riforme) si è discusso di un'agenda più vasta. E soprattutto dei tempi. La necessità di cambiare passo è stata ben sintetizzata dal viceministro dell'Economia Enrico Morando: «È cambiato il contesto ed è opportuno accelerare», ha detto alla Stampa , «Con una Bce pronta a fare la propria parte, con la Bundesbank che chiede un aumento dei salari tedeschi, con Juncker che propone un piano di investimenti da 300 miliardi, l'Italia deve restare in sintonia». Come? «Approvando entro l'autunno le riforme della Giustizia, Pa, lavoro e fisco, nella loro versione più incisiva». Uno strappo netto, se si considera che nel calendario originario l'approvazione del Jobs Act , ad esempio, era prevista entro l'anno. E la «versione più incisiva», in questo campo, prefigura una scelta netta sullo Statuto dei lavoratori e sull'articolo 18, sfidando la Cgil e i suoi supporter parlamentari, innanzitutto nel Pd. «Il problema del lavoro non è l'articolo 18», già avverte il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano. E il fronte sindacale già rumoreggia contro le anticipazioni sulla riforma della scuola: «Inaccettabile che si parli di interventi sugli scatti e introduzione di meritocrazia», tuona la Cgil Scuola.
Un segnale di dialogo arriva però dal leader Fiom Landini, che smentisce le minacce di autunni caldi: «Nelle condizioni di oggi non credo si tratti di scioperare contro il governo, ma di mobilitarsi per un pacchetto di proposte. Questo è il modo per cambiare verso, nelle fabbriche e negli uffici».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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