La retromarcia dei sindaci Pd. Prima boicottavano il premier ora lo supplicano di restare

Il governatore della Campania oggi scrive: "Siamo fortemente impegnati per ricucire lo strappo e trovare una ricomposizione della maggioranza a sostegno del Governo Draghi. Il premier è una figura di autorevolezza e credibilità"

La retromarcia dei sindaci Pd. Prima boicottavano il premier ora lo supplicano di restare

«Se volete posso anche giurarvi di aver visto il presidente Draghi camminare sulle acque del Tevere» basterebbe ricordare queste parole di Vincenzo Deluca a gennaio 2022, alla luce dell'appello odierno dei sindaci e degli amministratori del Pd che d'improvviso si sono riscoperti draghiani.

Il governatore della Campania oggi scrive: «Siamo fortemente impegnati per ricucire lo strappo e trovare una ricomposizione della maggioranza a sostegno del Governo Draghi. Il premier è una figura di autorevolezza e credibilità». Cosa è cambiato? Che con il campo largo naufragato e la possibilità concreta delle imminenti elezioni, per il Pd si avvicina la sconfitta. Lo ammette candidamente Beppe Sala: «Oggi il centrosinistra è composto solo dal Pd più la formazione di Bonelli e Fratoianni. Se si va a votare a ottobre per noi è un grande problema». Come è un problema la composizione delle liste. Per questo come Deluca anche altri sindaci del Pd, finora in dichiarato dissenso con il governo Draghi, hanno firmato l'appello per chiedergli di ritirare le dimissioni. Capeggiati proprio da Sala, che solo due mesi fa aveva detto: «Non posso avere fiducia in un governo che non ascolta la città». Il sindaco di Milano insieme ai colleghi di Roma, Torino e Napoli, aveva anche scritto una lettera a Draghi lamentando di essere penalizzati dalla gestione del governo sul Pnrr. Eppure tutti e quattro oggi gli chiedono di restare. Chissà che ne pensa Conte, che è stato il principale sponsor di Manfredi a Napoli, diventato sindaco proprio grazie all'alleanza con i 5 stelle.

Lo stesso vale per quello di Taranto Rinaldo Melucci, noto per aver emesso la famosa ordinanza di chiusura dell'Ilva, che un mese fa è salito sul palco con Giuseppe Conte criticando le parole di Draghi: «Ilva deve produrre di più tornando ad essere la prima fabbrica siderurgica d'Europa».

Tra i firmatari dell'appello anche Pierluigi Sanna, sindaco del Pd di Colleferro e vice presidente di Gualtieri alla città metropolitana di Roma, famoso perché si sdraiò per terra contro il passaggio dei camion che trasportavano i materiali per il revamping del termovalorizzatore. E nonostante l'ammodernamento di quell'impianto fosse già stato finanziato e appaltato dalla Regione Lazio, Zingaretti decise di seguire le richieste del sindaco Pd bloccando il progetto e stralciando il termovalorizzatore di Colleferro dal piano rifiuti regionale, scelta che oggi ricade sul degrado della Capitale coperta dai rifiuti.

La stessa cosa fatta dal sindaco di Bari Decaro, che ha presentato ricorso contro il termovalorizzatore nel suo territorio, e oggi firma l'appello pro Draghi che li autorizza. In Puglia c'è anche la firma di Stefano Minerva, sindaco Pd di Gallipoli e presidente della Provincia di Lecce. Con altri suoi colleghi salentini dormiva in macchina la notte per occupare il cantiere Tap e impedire i lavori del gasdotto. Oggi è tra i firmatari dell'appello a Draghi, che con il suo governo sta raddoppiando il Tap.

I sindaci, rappresentanti di quella classe dirigente che più di tutti in questi anni ha difeso sui territori le politiche nimby a livello nazionale cavalcate dai 5 stelle, oggi si riscoprono draghiani.

È la svolta del Pd nazionale. Non lo nega Nardella, da cui partito l'appello a Draghi: «il ruolo dei sindaci è decisivo per il centrosinistra». E ora ci sono le liste per le elezioni da preparare: chi meglio dei sindaci come capilista?

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