
Il mea culpa di Elon Musk è arrivato alle 3 del mattino di mercoledì con un post su X: «Mi pento di alcuni dei miei post sul presidente Donald Trump della scorsa settimana. Sono andati troppo oltre». Ovunque si trovasse il miliardario in quel momento, comunque un'ora insolita per comunicare al mondo il proprio rammarico. Le avvisaglie che lo «scontro del secolo», come un tempo nella boxe venivano definiti i match di cartello, si stesse ricomponendo c'erano da qualche giorno. Già la scorsa settimana, dopo il clamoroso divorzio, Musk aveva cancellato i post più controversi scagliati contro Trump: l'accusa di «ingratitudine» per avergli fatto vincere le elezioni, quella sul nome del tycoon presente nei famigerati «file» del finanziere pedofilo Jeffrey Epstein, il sì all'impeachment di Trump.
Martedì notte, prima delle scuse ufficiali, il boss di Tesla e SpaceX (nonché proprietario di X) aveva pubblicato un altro post nel quale rilanciava la notizia che il suo patrimonio era diminuito di oltre 100 miliardi di dollari, a seguito del suo coinvolgimento nell'Amministrazione. «Ne valeva la pena», la chiosa.
Da parte sua, anche Trump, dopo le iniziali minacce di spogliare il Musk «impazzito» dei suoi contratti miliardari col governo federale e paventando «gravi conseguenze» nel caso si fosse messo a finanziare i Democratici, aveva alzato il piede dal pedale della retorica. Pur dicendosi «non particolarmente interessato» a riconciliarsi col suo ex amico e principale finanziatore e scartando nell'immediato l'ipotesi di una possibile riconciliazione, Trump augurava a Musk «ogni bene».
È il Wall Street Journal a rivelare che la diplomazia della Casa Bianca si era messa in moto subito dopo l'implosione del rapporto tra l'uomo più potente del mondo e quello più ricco, proponendo una telefonata tra i due. Ipotesi subito scartata. Ma già a partire da venerdì scorso, all'indomani dello scontro, secondo un retroscena del Wall Street Journal, il vicepresidente JD Vance e la capa dello staff della Casa Bianca, Susie Wiles, avevano alzato il telefono per spingere Musk a ricucire il rapporto col tycoon. In quelle ore, la vicenda ancora campeggiava nei titoli dei media di mezzo mondo, non ancora superata dalle notizie degli scontri di Los Angeles.
Difficile che un'iniziativa del genere sia stata presa senza il consenso dello stesso Trump. Ed è possibile che i giorni intercorsi tra la telefonata e le «scuse» di Musk siano serviti a negoziare dietro le quinte una tregua nella quale il miliardario potrebbe avere ricevuto qualche rassicurazione sull'integrità del suo impero industriale.
È sempre il Wall Street Journal a sottolineare come Vance si sia mosso abilmente durante la crisi, da un lato schierandosi dalla parte del presidente, dall'altro evitando di attaccare direttamente Musk, ritagliandosi così un ruolo da paciere. A metà giornata, dopo che il post di scuse di Musk aveva rilanciato la vicenda, rubando la scena agli scontri di Los Angeles, arrivava la conferma che la pace era (forse) fatta. Con il titolo di Tesla, il colosso dell'auto di Musk, verso il quarto giorno di rialzo consecutivo.
«Il presidente prende atto delle dichiarazioni di
Elon Musk e le apprezza, riferiva la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. Poco dopo, la Cnn rivelava che il miliardario aveva telefonato al tycoon lunedì sera e che i due avevano avuto una «breve conversazione».