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Il retroscena di Giorgetti che smentisce Di Maio sul suo nome all'Economia

Giorgetti smentisce Di Maio: "Il mio nome all'Economia mai fatto al Colle". Poi spiega il muro su Savona: "Rappresentava la perfetta sintesi delle posizioni espresse da Salvini e Di Maio"

Il retroscena di Giorgetti che smentisce Di Maio sul suo nome all'Economia

Giancarlo Giorgetti smentisce Luigi Di Maio e i retroscena circolati in queste ore. In tanti, ascoltando le parole di Sergio Mattarella dopo la "caduta" del governo Conte, hanno pensato al lui quando il Presidente ha detto di aver proposto a Lega e M5S di mettere all'Economia un politico espressione della maggioranza piuttosto che l'euroscettico Paolo Savona. "Quando abbiamo parlato a Giorgetti, lui ci ha detto 'se mettete me ministro dell'Economia, ai tavoli europei non ho conoscenze e competenze per avere i risultatì", ha detto ieri sera il capo politico grillino a Matrix. Ma secondo il diretto interessato non è andata così.

"L'unico nome che ho sentito fare era Savona - ha detto lo tratega della Lega a Bersaglio Mobile - C'era ferrea condivisione su Savona". Non gli risultano, quindi, i nomi di Bagnai e Siri che secondo Di Maio sarebbero stati indicati al presidente della Repubblica (subito smentito dal Quirinale). Il motivo? Giorgetti è chiaro: "Paolo Savona - spiega - interpretava il punto di contatto e la sintesi tra noi e 5 Stelle". Il problema ad una sua candidatura era che "io sono un fedele interprete della linea della Lega, anche per questo il mio nome non andava bene". Troppo schierato, dunque. "Io non credo - aggiunge a Repubblica - che il mio nome sia mai stato fatto dal Colle per l’Economia. Forse il presidente ha tracciato un identikit che è stato liberamente interpretato, ma non mi risulta".

Non è mai esistita, insomma, un'alternativa Giorgetti-Savona, perché "lui rappresentava la perfetta sintesi delle posizioni espresse da Salvini e Di Maio". "E vorrei spazzare via il campo dagli equivoci - aggiunge lo stratega leghista - Se la strategia fosse stata quella che portava all’uscita dall’euro, io non l’avrei sostenuta, né avrei condiviso il contratto che lo prevedesse".

Al governo che sta per nascere, guidato da Carlo Cottarelli, Giorgetti chiude subito la porta in faccia. "I provvedimenti di Cottarelli non potranno diventare legge e al contrario potranno diventarlo quelli di un'ipotetica maggioranza formata da Lega, 5 Stelle, Fratelli d'Italia e Leu", spiega confermando che il "piano B" è quello di far partire le commissioni per aggirare in Aula l'esecutuivo tecnico. Fino, ovviamente, all'arrivo del voto che per Giorgetti dovrebbe essere a "fine settembre, inizio ottobre". Con chi si alleerà la Lega? Difficile dirlo adesso, spiega Giorgetti ricalcando la posizione di Salvini che ieri ha preso tempo a chi gli chiedeva del futuro del centrodestra. "Su una cosa il presidente Mattarella ha ragione - dice il leghista - il tema dell’Europa, nel nostro caso su come cambiarla, sarà il cuore della prossima campagna elettorale".

Ecco: Mattarella. La strada dell'impeachment sembra non essere stata mai ipotizzata dalla Lega. "Sarebbe un manifesto senza nessuna conseguenza pratica", spiega Giorgetti. Ma al Quirinale non fa sconti: "Incaricare Cottarelli equivale a dare uno schiaffo a chi ha vinto il 4 marzo

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