Le terapie intensive sono vicine al tracollo in quasi tutta Italia. Lo dicono i dati che ogni pomeriggio planano sulla nostra scrivania. Tutti a guardare i nuovi contagi (in lieve aumento), i morti (stabili), a ipotizzare i colori delle regioni, a vagheggiare quando il Paese potrebbe ripartire, ma intanto il numero davvero drammatico riguarda i reparti di emergenza dei nostri ospedali. Ieri si è registrato un aumento dei ricoverati totali di 465 unità (il totale attualmente è di 27.600) ma soprattutto si sono contabilizzati 100 posti tondi tondi in più occupati da pazienti Covid-19 rispetto al giorno precedente. Il totale attualmente è di 3.082, un livello che non si raggiungeva dal 14 dicembre, esattamente tre mesi fa, quando il dato fu di 3.095 ma era in calo.
Impressiona l'escalation. Le terapie intensive crescono da 25 giorni consecutivi: in questo lasso di tempo l'aumento è di 1.020 unità. Se si dovesse andare avanti così tra 25 giorni, ovvero l'8 aprile, verrà battuto il record della prima ondata, i 4.068 del 3 aprile, che è stato avvicinato durante la seconda ondata con i 3.848 del 25 novembre. E se si dovesse seguire l'andamento delle ultime due settimane (+851) quel livello sarebbe raggiunto anche prima, ovvero il 31 marzo. Naturalmente si tratta di proiezioni. Tutti speriamo che la curva cambi andamento, ma è giusto essere allarmati.
Anche perché se dai dati assoluti si passa a quelli «pesati» le preoccupazioni aumentano. Il ministero della Salute da sempre ha individuato nel 30 per cento la quota di letti di terapia intensiva occupati da pazienti Covid-19 superata la quale si entra in zona pericolo. I 3.082 posti «covidizzati» a tutto ieri rappresentano il 34,04 per cento dei 9.053 attualmente disponibili negli ospedali di tutta Italia. Quindi il rischio di sold out è vicino. Alcune regioni hanno già superato la soglia del 50 per cento e tra esse c'è anche la Lombardia, che ieri ha toccato i 714 letti occupati sui 1.416 disponibili (il 50,42 per cento). Peggio fanno soltanto le Marche, dove sono occupati 131 letti su 233 (il 56,22 per cento), l'Umbria (79 su 139, il 56,83 per cento) e la provincia autonoma di Trento (47 su 90, il 52,22 per cento). Sopra il 40 per cento troviamo l'Emilia-Romagna (364 su 760, il 47,89 per cento), il Molise (18 su 39, il 46,15 per cento), l'Abruzzo (93 su 216, il 43,06 per cento), il Piemonte (267 su 628, il 42,52 per cento). Sopra il 30 anche Toscana (236 su 599, il 39,40 per cento), Friuli-Venezia Giulia (67 su 175, il 38,29 per cento), provincia autonoma di Bolzano (33 su 100, il 33 per cento) e Puglia (174 su 569, il 30,58). E anche Lazio (279 su 943, il 29,59 per cento), Liguria (63 su 224, il 28,13 per cento) e Campania (161 su 620, il 25,97) sono vicini al livello di sofferenza. In zona tranquillità le altre regioni: Veneto, Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata e Valle d'Aosta.
Vediamo che cosa ci dice di altro il bollettino recapitato ieri pomeriggio dal ministero della Salute. I contagi sono stati 21.315, in calo fisiologico rispetto al giorno precedente (accade sempre nei week-end) ma in aumento rispetto alla domenica precedente, il 7 marzo (20.765). I contagi totali toccano i 3.223.142 dall'inizio dell'emergenza. La percentuale di tamponi positivi rispetto a quelli effettuati è del 7,78, la più alta dall'8,35 del 2 febbraio. Il numero di contagi settimanali continua a crescere: sono a tutto ieri 155.934, ovvero 261,45 ogni 100mila abitanti, con il Friuli-Venezia Giulia in testa (5.
938 contagi in sette giorni, 447,52 ogni 100mila abitanti) e Lombardia (329,70), Campania, Piemonte, Marche e Trentuino sopra i 300. I decessi scendono per la prima volta in una settimana sotto quota 300 (264) e portano il totale a 102.145. Gli attuali positivi sono 531.266.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.