Ribaltone sul caso Palamara: Amara indagato per calunnia

La Procura di Perugia incrimina il superteste che mise nei guai l'ex presidente Anm. Le bufale su regali e pressioni

Ribaltone sul caso Palamara: Amara indagato per calunnia
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E il grande accusatore si ritrovò accusato. Nel grande - e mai del tutto chiarito - affaire delle inchieste contro Luca Palamara, già leader dell'Associazione nazionale magistrati, indagato e espulso dalla magistratura per presunta indegnità, arriva il ribaltone che costringe a rileggere tutto quanto, e che ridà fiato alle aspirazioni di Palamara di ritornare in servizio. La Procura generale di Perugia, rileggendo in ottica opposta le indagini compiute dalla Procura della stessa città, ha incriminato per calunnia il superteste le cui dichiarazioni erano alla base di buona parte dei guai giudiziari di Palamara: Piero Amara, ex avvocato dell'Eni, utilizzato come teste d'accusa dalle Procure sia di Milano che di Perugia. Amara è in realtà, secondo le sentenze emesse in questi anni, un mestatore, un inquinatore di prove e di processi. Ha mentito sui vertici Eni, ha mentito sulla fantomatica Loggia Ungheria. E, secondo quanto afferma ora la Procura generale di Perugia, ha mentito anche su Palamara e sul suo collega Stefano Rocco Fava, finito anche lui senza colpe nel tritacarne giudiziario e mediatico, accusato di complottare contro il proprio capo, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.

La svolta ha un percorso tortuoso: nasce da un interrogatorio di Palamara del 2022 davanti al procuratore di Perugia Raffaele Cantone, in cui l'ex presidente dell'Anm indica in una serie di dichiarazioni di Amara le tracce concrete della calunnia. Ma le dichiarazioni Amara le ha fatte mentre era detenuto a Terni, così Cantone apre il fascicolo di indagine e lo trasmette per competenza alla procura ternana. Qui, almeno in apparenza, tutto si ferma. Al punto che nel 2023 il procuratore generale di Perugia, Sergio Sottani, decide di avocare l'inchiesta contro Amara togliendola a Terni, comunicando la sua decisione al Consiglio superiore della magistratura. Il fascicolo torna a Perugia, non più nelle mani di Cantone ma di Sottani: che di Cantone è il superiore gerarchico, e l'anno scorso aveva manifestato apertamente più di una critica alla sua gestione mediatica di un'altra indagine delicata, il fascicolo sulla centrale di dossieraggi installata all'interno della Direzione nazionale antimafia.

Anche sulla credibilità di Amara, il pg Sottani ha convinzioni diverse. E nell'invito a comparire spiccato contro l'ex avvocato le mette nero su bianco. Sia Palamara che Fava vengono indicati come parti offese", come vittime. Amara, dice l'invito, calunniò Palamara quando lo accusò di essersi lasciato promettere un orologio da 30mila euro in cambio dell'appoggio a un magistrato amico di Amara: «Palamara avendo intuito la motivazione per cui voleva incontrarlo si era invece rifiutato di essere da lui avvicinato». E calunnie, accuse lanciate «pur sapendolo innocente» sono anche le dichiarazioni di Amara sulle pressioni di Palamara per aiutare amici di amici a Roma e a Milano. Calunnie anche quelle sulle presunte manovre di Palamara e Fava contro il procuratore Pignatone, che Amara diceva di avere appreso da un tenente della Finanza in realtà mai incontrato, o sulle dritte che Palamara avrebbe fornito su inchieste in corso a Messina.

É vero, dice il provvedimento della Procura generale di Perugia, che a Amara arrivavano notizie coperte da segreti investigativi ma a dargliele era, per trentamila euro, qualcuno al Gico della Guardia di finanza attraverso un maresciallo dei carabinieri «distaccato alla Presidenza del Consiglio»: ovvero all'Aisi, i servizi segreti interni. Nella tentacolare rete di rapporti dell'avvocato siciliano c'erano, evidentemente, anche gli 007.

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