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Ricatto Dem a Trump: gli Usa bloccati

L'accordo salta sulla tutela dei «dreamer». Il tycoon: «Preferiscono gli stranieri ai soldati»

Ricatto Dem a Trump: gli Usa bloccati

New York Mar-a-Lago deve attendere. Il presidente americano Donald Trump è costretto a rimandare le celebrazioni in Florida per il suo primo anniversario alla Casa Bianca, tenuto ostaggio del Senato incapace di giungere ad un accordo per evitare lo shutdown: il congelamento delle attività federali non essenziali è scattato alla mezzanotte di ieri ora di Washington, al termine di una corsa contro il tempo per arrivare ad un'intesa prima della scadenza fissata. Ad un anno esatto dall'insediamento del tycoon, il Senato dalla debole maggioranza repubblicana infligge così un nuovo colpo al Commander in Chief - dopo aver affossato in estate la riforma sanitaria per sostituire l'Obamacare - con la temuta paralisi del governo federale. Per passare, il testo aveva bisogno di 60 voti, mentre ne ha ottenuti solo 50 a favore (e 49 contrari): anche quattro dissidenti repubblicani hanno votato contro, Jeff Flake, Lindsey Graham, Mike Lee e Rand Paul. John McCain, invece, era assente a causa della malattia. Ieri mattina il Senato si è riunito nuovamente alla ricerca di un'intesa, ma le posizioni sembrano distanti. L'accusa dell'opposizione è che il presidente non ha lavorato per un accordo bipartisan, in particolare sul nodo dei dreamer, gli immigrati arrivati da bambini negli Stati Uniti con genitori illegali. Trump, invece, punta il dito contro i democratici, che «vogliono lo shutdown per sminuire il grande successo dei tagli alle tasse e ciò che comportano per la nostra economia in crescita». «Sono più preoccupati degli immigrati illegali che delle nostre valorose forze armate e della sicurezza ai confini meridionali - aggiunge - Avrebbero potuto trovare facilmente un accordo ma hanno preferito la politica dello shutdown». «È il primo anniversario della mia presidenza e i democratici hanno voluto farmi un bel regalo», attacca ancora con l'hashtag #DemocratShutdown, sottolineando che bisogna conquistare più seggi repubblicani nel 2018. Dal 1976 i blocchi dell'attività non essenziale del governo federale sono stati 17, ma rispetto a quelli passati - l'ultimo di 16 giorni nel 2013, durante la presidenza di Barack Obama - è la prima volta che avviene con un partito che controlla sia la Casa Bianca sia le due Camere. «È lo shutdown di Trump», ribatte il leader della minoranza dem al Senato, Chuck Schumer.

L'Asinello accusa il presidente, con le sue politiche radicali sull'immigrazione, di trascinare il paese nella paralisi, e spera di cavalcare questa teoria anche in occasione delle elezioni di Midterm per ribaltare la maggioranza. C'è il rischio però che si trasformi in un boomerang politico, e negli stati dove si corre per il rinnovo di Camera e Senato, per i democratici potrebbe essere difficile difendere la scelta dello shutdown. Trump potrebbe così rafforzare il consenso con la sua base conservatrice, mostrando loro di aver fatto di tutto pur di difendere una delle promesse della campagna elettorale, la lotta all'immigrazione clandestina. Visto anche che dopo il divorzio dal suo ex stratega Steve Bannon, The Donald potrebbe vedere indebolito il rapporto con quella fetta di elettori, di cui l'ex numero uno di Breitbart News era garante. Buona parte degli effetti dello shutdown, tuttavia, sono di fatto rimandati a domani con la non riapertura degli uffici, visto che la paralisi è iniziata durante il fine settimana.

E intanto, migliaia di persone sono tornate in piazza da Washington a New York, da Los Angeles a Chicago, per la «Marcia delle donne», questa volta guardando alle elezioni di Midterm.

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