Ma chi, Landini? Sì, ancora lui, di nuovo con la smania della cosa rossastra, sempre con l'idea del partito dei lavoratori. Anzi no, «non farò un partito» giura, «non voglio distruggere la Cgil», però insomma magari un cartello, un rassemblement, una lista di sinistra-sinistra da guidare da fuori, perché no. Intanto parte la campagna d'autunno. «A settembre metteremo in circolo mobilitazioni di tutti i tipi, non lascio il campo a qualcun altro», cioè a Salvini, Meloni, Cinque stelle. Comunque sia la voce gira. E del resto la matematica ha le sue leggi, se non ci prova lui che ha un bacino potenziale di cinque milioni di iscritti al sindacato, chi altro può tentare? «Invece non ci pensò proprio», ripete alla Stampa. Se ne parla perché c'è un vuoto politico, è la prima volta in settant'anni che in Parlamento manca una rappresentanza del mondo del lavoro». Al Pd saranno contenti.
Va bene, niente partito, chiamiamolo spazio da riempire, o piazze da riprendere. La molla è quella economica e sociale, il nemico è il governo di Mario Draghi, l'idea è intercettare il malessere antagonista che può crescere in autunno per effetto della guerra e del caro energia. A sinistra del Nazareno, tra la supernova post grillina e la galassia post comunista, ci sono margini interessanti. Poi certo può sembrare singolare che a condurre l'operazione sia un garantito a capo del sindacato dei garantiti. «Il 51 per cento degli iscritti sono lavoratori dipendenti, il 49 pensionati». Ma, come si dice, perché sorprendersi, abbiamo visto di tutto.
Eppure all'inizio SuperMario gli piaceva. «Sono stato tra coloro che non volevano andare a votare - racconta Maurizio Landini - e ho visto con favore che venisse messo in pista un uomo della sua autorevolezza, che per altro regge ancora oggi. Peccato che non stia producendo riforme sociali. Non ci dà retta». Con Giuseppe Conte altra storia. «Non ho molta consuetudine con il M5s, ma certo all'epoca con lui abbiamo collaborato bene. Ha prodotto una serie di provvedimenti interessanti, come il blocco dei licenziamenti e varie misure sociali che si muovevano nella nostra direzione». Bei tempi. «Ma il cambio di governo ha trasformato tutto».
Basta concertazione, solo consultazione. «Palazzo Chigi proprio non ci ascolta. Già nel dicembre del 2021 noi e la Uil abbiamo organizzato contro Draghi uno sciopero generale, molto politico». Ne arriveranno altri, par di capire. «Infatti L'esecutivo non sta preparando le riforme che vogliamo noi, si muove anzi in senso inverso. E ripeto, non ci sente». Ma dai, proprio domani c'è in programma un vertice... A Landini non è sufficiente. «Mai coinvolti, al massimo informati. L'ultima volta che siamo stati convocati risale al due maggio, ora martedì 12».
Lo scontro crescerà: la Cgil sta infatti preparando diverse iniziative di protesta, anche rumorose e d'impatto. Come negli anni '70, nelle strade tornerà l'autunno caldo. «L'Istat conferma ciò che diciamo da mesi, non si può essere poveri lavorando. Metà della popolazione non arriva a fine mese». Landini ha studiato la strategia di attacco e l'ha messa a punto nelle ultime settimane con una serie di incontri e di convegni, in cui si è convinto che il Pd non ce la farà a vincere le elezioni senza una stampella a sinistra. Se un terzo dei nostri iscritti vota Lega, ragionano in Corso d'Italia, la colpa è del sindacato o della sinistra?
Via libera quindi al contenitore «del lavoro». Con un'accortezza, evitare di mettere in piedi l'ennesimo partitino.
A Landini poi, in vista del secondo mandato, conviene restare fuori, con il ruolo di padre nobile federatore. «Se a dicembre al congresso il segretario lasciasse per gettarsi in politica, sarebbe una dichiarazione di morte del sindacato». Sì, meglio restare e avere più potere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.