«Comandante, torni a bordo!». A molti nella sala dell'hotel Ergife a Roma forse sono tornate in mente le parole disperate del comandante De Falco che cerca di richiamare il comandante Schettino al suo dovere. Sala come Schettino? Chissà se ci ha pensato anche Renzi quando durante l'assemblea del partito, la prima dopo il disastro del referendum, si è rivolto al sindaco di Milano Beppe Sala chiedendogli d tornare a Palazzo Marino: «Comprendiamo la sua amarezza ma gli chiediamo di fare ciò che i milanesi gli hanno chiesto di fare». Da giovedì notte il sindaco si è autosospeso dopo aver appreso di essere iscritto nel registro degli indagati per una vicenda legata all'appalto sulla piastra di Expo. Un'abile mossa che ha avuto l'effetto di spostare l'attenzione dall'avviso di garanzia alle dilemma delle ferie.
Il tragico scenario vede il mare della politica di questi giorni in tempesta, il caso di Roma in primis, il Pd che sta ha perso la rotta travolto dal «No» al referendum, e il capitano del veliero Milano, città in controtendenza per la vittoria del «Sì» che stava veleggiando con il vento in poppa - risale a lunedì la presentazione dell'ambizioso programma - che abbandona la nave. Renzi non può tollerare, nel momento in cui prepara la sua «rivincita» - di perdere anche l'ultimo baluardo, cioè Milano. Durante il congresso, infatti, l'ex premier non ha certo nascosto la sua intenzione di correre alle prossime Politiche: «Il centrodestra gira ancora attorno a Berlusconi. Vedremo se la corte di Strasburgo gli consentirà di scendere in campo. Se andrà così sarà un piacere sfidarlo». Così l'ordine a Sala ha l'amaro sapore di una vendetta consumata in fretta: «Renzi ha sbagliato a politicizzare il referendum - aveva detto Sala lunedì - ed era abbastanza evidente che la gente ha portato il suo mal di pancia alle urne». Frasi che Renzi, ancora scosso per la sconfitta e le dimissioni, non deve aver mandato giù a cuore leggero. Sminuito il goffo tentativo di Pisapia di lanciare un ponte tra Pd e la sinistra arancione, Sala ha anche sottolineato il rischio di spaccatura interna al Pd: «Se si spacca - ha detto - sarà molto difficile pensare di essere ancora una forza di governo».
Tant'è: ora a essere in un cul de sac è proprio Mr Expo. E con Renzi si chiude il cerchio di chi, in questi tre giorni, ha chiesto al sindaco «autosospeso» di tornare al lavoro. Dopo l'ex magistrato e presidente del comitato per la legalità in Comune Gherardo Colombo, i 71 sindaci tra cui i renziani Gori e Nardella, fino agli avversari politici tutti hanno lanciato lo stesso messaggio: Milano non può stare senza una guida. E su questo sono d'accordo la coordinatrice regionale di Forza Italia Mariastella Gelmini e il leader del Carroccio Matteo Salvini che anche ieri è tornato a chiedere al sindaco di sciogliere le riserve. «È imbarazzante questa incapacità del Pd e dei suoi uomini di decidere che cosa fare da grandi - ha detto - Se sei tranquillo fai il sindaco e vai in ufficio, se non lo sei dimettiti, però spiegalo ai milanesi nella maniera più veloce possibile». «Il sindaco di Milano non può permettersi di abbandonare la sua funzione in disprezzo di qualunque regola - incalza Stefano Parisi, ex candidato sindaco per il centrodestra - Un avviso di garanzia non è una condanna: Sala, fino a prova contraria, è innocente e deve continuare a lavorare per la città». Ma Sala aspetta di approfondire meglio la sua posizione.
Oggi aspetterà a casa i chiarimenti che si attende dalla visita in procura dei suoi avvocati. Mentre la Lega chiede l'annullamento del consiglio comunale, dove si sarebbe dovuto discutere una delibera legata a Expo, Forza Italia pretende un dibattito in aula sulla vicenda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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