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Ricordi, gratitudine, lacrime: l'addio di Milano a Veronesi

Vip, politici, ministri ma anche tanta gente comune La Bonino ricorda le battaglie civili. Sala si commuove

Stefano Zurlo

Milano Il figlio Alberto, musicista, si siede al pianoforte e attacca la struggente sonata Al chiaro di luna di Beethoven. Nel cielo, nel firmamento laico della sala Alessi, lo ascoltano le figure di pietra dal volto severo e orgoglioso, le donne e gli uomini affrescati sulla grande volta, quelli raffigurati nei bassorilievi di un ambiente così monumentale.

Se ne va Umberto Veronesi e le parole possono solo accorciare il senso di sproporzione che domina i presenti e la folla che riempie piazza della Scala. Giornata di lutto cittadino e funerale laico, dopo quello cattolico ma privatissimo di Bernardo Caprotti e l'altro mezzo e mezzo, in piazza Duomo ma sul sagrato, di Dario Fo. Alberto suona e combatte con le lacrime, il fratello Paolo, oncologo, ricorda le ultime parole rivolte alla moglie: «Susy, come sei bella». Ciascuno afferra uno spicchio di una personalità complessa e affascinante, in un susseguirsi veloce, scandito da un invisibile metronomo, di interventi e testimonianze. Susy è sprofondata in prima fila, a fianco di Emma Bonino; poi ci sono i sette figli e i 15 nipoti e poi pezzi di storia ambrosiana e non solo, sparpagliati qua e là: gli ex sindaci Carlo Tognoli, appoggiato a un muro, e Gabriele Albertini; Marco Tronchetti Provera e la moglie Afef che hanno guadagnato una sedia nel parterre dei parenti; l'ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli, immalinconito, che si appoggia alla moglie Maria Laura per non inciampare nel groviglio di cavi e fili delle tv. Davanti, a rappresentare il Governo, i ministri Maria Elena Boschi e Maurizio Martina: coppia telegenica, formato Beautiful.

Tocca al sindaco Beppe Sala fissare il debito che la città ha nei confronti di questo personaggio poliedrico: «Benefattore, politico, chirurgo, organizzatore. Un caso rarissimo: tante vite concentrate in una sola esistenza». Poi il primo cittadino vira verso il personale: «Veronesi è stato anche il mio medico». Pausa. «E mi ha insegnato che la malattia è parte di te. Grazie per aver compreso il nostro dolore». La voce s'incrina, il tecnocrate di Expo quasi si accascia, scosso dai singhiozzi. Lo sorregge un lungo applauso cui per un attimo sembrano unirsi anche le gelide figure lassù.

La religiosità laica ha una cifra che è difficile cogliere. Si potrebbe definire un funerale illuminista, tutto fra scienza e fede, o forse napoleonico, per la veemenza delle passioni civili. Veronesi è stato anche una bandiera: sulla liberalizzazione delle droghe leggere, contro l'aborto clandestino, per la dignità della morte, tema su cui si era trovato in sintonia con il cardinal Martini. Bonino elenca le tante battaglie condivise.

Ma è un soffio. Figli e nipoti raccontano a schegge il padre, il nonno, i pasticcini la domenica, le gite in moto sul lago Maggiore, le vacanze della numerosissima tribù. E quelle cartoline scaldano finalmente la sala troppo ingessata nella sua compostezza.

Paolo si congeda come può: «Papà, vorrei augurarti buon viaggio, ma non ci hai mai creduto e nemmeno io». Torna in mente il commiato, sul sagrato del Duomo, da Jacopo Fo: «Siamo comunisti ma anche un po' animisti, non possiamo credere che tutto finisca così».

Il mistero, ora impenetrabile e ora memo incombente, resta un enigma. Le riflessioni del prof., come lo chiama con reverenza affettuosa più di un relatore, disegnano un percorso: «Sono giunto alla conclusione che la vita non abbia un senso e per questo continuo a cercarlo».

Paradossi e lampi di un genio.

Filippo Penati, l'ex presidente della Provincia entrato a fatica nella ressa di gomitate e porte chiuse, medita silenzioso; Stefano Dambruoso, il magistrato che finì sulla copertina di Time, saluta la nomenklatura di Palazzo Marino. Il feretro si muove, scortato da gonfaloni e corazzieri. La piazza lascia il maxischermo e lo saluta con un lungo battimani, poi lui parte per la cremazione. Prima dell'ingresso al cimitero Monumentale.

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