
Da quando ha aperto le sue porte nel maggio 2024, la stanza dell'ascolto dell'ospedale Sant'Anna di Torino (nella foto) non ha fatto che far parlare di sé. Uno spazio dedicato alle donne in gravidanza, gestito dai movimenti pro vita, nato con l'obiettivo di offrire supporto, ascolto e aiuto concreto per superare quelle difficoltà che potrebbero spingerle a scegliere l'aborto. Ma ora, dopo mesi di polemiche, arriva lo stop deciso: il Tar del Piemonte, con la sentenza di ieri, 2 luglio, di cui Il Giornale è in possesso, ha annullato la convenzione firmata nel 2023 tra l'ospedale ginecologico torinese e il Centro di Aiuto alla Vita, ritenendola incompatibile con le "regole minime per attività in contesto sanitario". La sentenza non lascia spazio a interpretazioni: "Non è stata effettuata la verifica in concreto dei requisiti professionali, formativi e di esperienza degli operatori", si legge chiaramente nel documento, che evidenzia come la gestione affidata ai volontari pro vita non fosse in regola con certificati prettamente burocratici. A presentare il ricorso sono state associazioni femministe su tutte "Se non ora quando?" e la Cgil, che oggi festeggia la "vittoria" con entusiasmo. "La convenzione tra la Città della Salute di Torino e l'associazione che gestisce la stanza è illegittima". E ancora: "Siamo soddisfatti per la decisione dei giudici, che hanno riconosciuto la fondatezza delle nostre ragioni contro questo progetto anti-abortista promosso dalla Regione". Ma c'è un particolare che rischia di passare inosservato: proprio la Cgil è stata esclusa dal ricorso dal Tar perché "il loro statuto non contempla finalità riferibili alla legge 194/1978 e alla sua applicazione". In parole semplici, il sindacato non aveva il titolo legale per opporsi su questa specifica questione, almeno secondo i giudici. Il ricorso è stato comunque accolto, perché altri ricorrenti erano legittimati. Ma nonostante ciò, la segretaria piemontese della Cgil, Giorgia Mennuni, dichiara comunque: "Abbiamo contribuito a chiudere una pagina indegna, dove si tentava di dissuadere le donne dall'aborto dentro un ospedale pubblico". Stessa cosa il Partito Democratico, con la deputata Cecilia D'Elia che parla di "una vittoria per la libertà delle donne e per la laicità dello Stato". Dall'altra parte, però, l'assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone non ci sta: "Il Tar non ha mai detto che la stanza dell'ascolto è illegittima o che viola la legge 194.
Ha solo evidenziato un difetto formale, una carenza nella documentazione relativa ai requisiti dei volontari" - dichiara a Il Giornale specificando che la stanza riaprirà presto, presumibilmente a settembre con una nuova convenzione che metterà ordine nelle carte. "Noi non abbiamo mai disatteso la legge 194, anzi: sosteniamo le donne che scelgono di portare avanti la gravidanza, proprio come prevede la norma", conclude l'assessore. La partita, insomma, è tutt'altro che chiusa.