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Il "ricorso Onida" è una bomba a orologeria

Attesa oggi la sentenza del tribunale che può far slittare la data del voto

Onida e Napolitano
Onida e Napolitano

Roma - È un estremo tentativo, quello di Valerio Onida. Ma l'ex-presidente della Corte costituzionale è convinto che con il suo ricorso può indurre la Consulta a fermare il referendum del 4 dicembre.

Si è rivolto al tribunale civile di Milano per chiedere di sollevare l'eccezione di legittimità costituzionale su un quesito che ammette solo un Sì o un No, anche se è multiplo e disomogeneo, dunque pone più domande. È la questione del possibile «spacchettamento», di cui si è già molto parlato. Secondo Onida, la legge del 1970 che istituisce il referendum, va corretta perchè non prevede l'obbligo di formulare più quesiti se ci sono più temi. E in questo modo viola la libertà di voto.

C'è anche il ricorso analogo del pool di avvocati (Claudio e Ilaria Tani, Felice Besostri, Emilio Zecca e Aldo Bozzi) che vinse la battaglia sul Porcellum, ma il giudice Loreta Dorigo ha deciso di non accorparli e si pronuncerà separatamente. Potrebbe farlo nello stesso giorno, ma non si sa quando perché la legge non fissa un termine.

Le indiscrezioni, però, parlano di una decisione già presa, che si potrebbe conoscere proprio oggi. E allora, le conseguenze sul referendum saranno tutte da valutare. Se il tribunale dovesse decidere di portare la norma di fronte alla Consulta sarebbe probabile uno slittamento del voto, per questioni di opportunità, in attesa della pronuncia.

Nell'udienza di giovedì l'Avvocato dello Stato Gabriella Vanadia ha sostenuto che i giudici costituzionali in realtà hanno questo potere solo per i referendum sui conflitti tra Stato e Regioni. Ma Onida ha ribattuto che «per analogia» la materia è sempre quella, potrebbero invece farlo anche in questo caso. Per lui una pronuncia sarebbe importante anche dopo il referendum, per quelli futuri.

Sarà comunque l'Alta Corte a decidere, prima di entrare nel merito quella questione, in caso che il tribunale di Milano accolga uno dei ricorsi o ambedue. E in un momento in cui le forze politiche già ragionano di un possibile rinvio legato al terremoto, malgrado le smentite di palazzo Chigi, la spada di Damocle che Onida fa pendere sul referendum accentua il clima di incertezza.

Ecco perché l'attesa per la decisione del giudice Dorigo è grande. Le ipotesi sono tre: ricorso accolto e invio degli atti a Roma, rigetto e allora c'è la possibilità di presentare reclamo per un giudizio d'appello, oppure un provvedimento interlocutorio di citazione dei comitati promotori del referendum (che Onida nel suo ricorso non ha incluso tra le parti, a differenza del pool di legali) e fissazione di una nuova udienza.

I tempi dipenderanno dalla discrezionalità della Dorigo.

In più, si tratta di una «questione tra parti private», fanno notare i giudici milanesi, e non è prevista la pubblicità degli atti nel rito civile, dunque nessuna comunicazione ufficiale del tribunale.

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