Matteo stai sereno. No, Giorgio Napolitano non gli dice così, non ricicla proprio con Renzi il tormentone usato per soffriggere Enrico Letta nelle sue ultime settimane a Palazzo Chigi, ma insomma, il senso è quello, il «colpo di freno» alle «smanie» del premier è netto. Dunque niente elezioni, «non devi dare il sospetto che tu voglia votare in primavera». Anzi, spiega il capo dello Stato, le due riforme, Italicum e Senato, devono andare avanti insieme e con il «concorso ampio». E Renzi accetta il consiglio: tratterà con la minoranza dem e giura che la legislatura proseguirà. «Andremo velocissimi, chiuderemo tra dicembre e gennaio». Quanto a Napolitano, «c'è bisogno di rassicurarlo, sa perfettamente che se il Parlamento fa le leggi e raggiunge gli obiettivi, si arriverà al 2018».
Un incontro di un'ora, chiesto da un presidente del Consiglio allarmato dalla fronda dei trenta, dall'intervista di Rosy Bindi che parla di scissione e di Ulivo e soprattutto da Romano Prodi. Renzi ha paura di essere logorato, impantanato nei veti incrociati di un Parlamento frammentato e incontrollabile, messo sotto quando, tra qualche tempo ma comunque presto, si aprirà la partita del Quirinale. Così sale sul Colle accompagnato da Maria Elena Boschi alla ricerca di una sponda.
E la ottiene, sia pure a certe condizioni. La prima è che venga spazzata via l'ipotesi di un voto anticipato: Napolitano, si sa, non ha alcuna intenzione di chiudere il suo secondo mandato con un altro scioglimento. La seconda riguarda la contestualità delle due riforme, argomento caro a Forza Italia e alla minoranza del Pd, ma pure al capo dello Stato, che considera la sua rielezione legata alla revisione dell'architettura istituzionale. Non si può accelerare sull'Italicum, dice, e rallentare sul nuovo Senato.
Matteo si dichiara d'accordo. «Durante il colloquio - si legge nel comunicato finale - è stato esposto il percorso che il governo considera possibile e condivisibile con un ampio arco di forze politiche per quanto riguarda l'inter parlamentare di due provvedimenti fondamentali già in avanzato stato di esame». E questo cammino «tiene conto di preoccupazioni delle diverse forze politiche», in particolare sul «rapporto tra legislazione elettorale e riforme costituzionali». Tradotto dal mandarino, significa che il Quirinale vuole una legge elettorale completa. L'Italicum, spiegano, deve essere «funzionante in tutte le sue parti» e usabile «solo in ultima ratio», anche prima della riforma del bicameralismo paritario. Per il resto Renzi, se vuole a sua volta evitare di farsi friggere a fuoco lento, deve concedere qualcosa. Ad esempio, accettando la clausola di salvaguardia che stabilisca che l'Italicum è valido solo per la Camera. O anche ridefinendo il rapporto tra capilista bloccati ed eletti con le preferenze, punto contestato all'interno del Pd. Renzi sarebbe disponibile a rivederlo, per evitare che passino solo i nominati e che gli altri, pure i «portatori di voto», restino fuori. I bersaniani, per bocca di Miguel Gotor, «apprezzano» la mediazione del Colle.
Rimane
la fretta di Matteo, il cui obiettivo è di superare almeno il passaggio dell'Italicum al Senato. Poi si elegge il capo dello Stato e se, tutto andrà in malora, si torna al voto: anche con la legge attuale, il Consultellum.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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