Riforme, si riparte dal Senato e il governo fa infuriare tutti

Il ddl Boschi evita le forche caudine della Commissione e approda in aula. Forza Italia insorge: «Tracotante violazione della Carta»

RomaLe opposizioni parlano già di prova muscolare del governo. Sottintendendo, forse con malizia, che ci potrebbero essere anche forme più o meno larvate di condizionamenti. Fatto è che oggi approda in aula a Palazzo Madama la riforma del Senato. Il cosiddetto ddl Boschi, insomma, non dovrà più passare per le forche caudine della commissione Affari costituzionali. A deciderlo è stata ieri la conferenza dei presidenti di gruppo, cui spetta il compito di calendarizzare l'attività parlamentare. Al termine della riunione si è venuto anche a sapere che buona parte degli emendamenti (a partire dall'impressionante mole di «correzioni» proposte dal leghista Roberto Calderoli) era stata ritirata. La decisione di spedire tutto all'attività dell'aula lascia interdetti molti. Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia, ha espresso «sgomento e inquietudine». Stessa bocciatura arriva dalla senatrice Loredana De Petris (Sel): «Avere scelto una procedura così forzata e non ordinaria è contrario allo spirito costituzionale». Di segno opposto, ovviamente, la posizione della senatrice Pd Anna Finocchiaro. «È necessario - spiega - portare a compimento e in tempi rapidi e certi, dopo 30 anni di discussioni, il percorso della riforma costituzionale».

Durante la riunione dei capigruppo era stata anche lanciata la proposta dell'istituzione di una commissione ristretta per discutere gli emendamenti da presentare in aula. Proposta però rigettata. Quindi già da oggi, per proseguire domani e fino a mercoledì, il ddl Boschi sulla riforma del Senato verrà discusso in aula. Strategia questa, secondo il malizioso commento dello stesso Calderoli, dettata dallo stesso Renzi non per timore degli emendamenti ma per la mancanza di numeri in commissione. Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, prevede in verità che proprio in aula la maggioranza di governo potrebbe non avere i numeri, nonostante il soccorso dei verdiniani e il placet confermato ieri da Ncd e Fare (che fa capo a Flavio Tosi, ex Lega Nord). Anche Pier Luigi Bersani (Pd) si mostra refrattario alla prova muscolare di Renzi. La minoranza del Pd, sostiene, non farà cadere il governo «ma bisogna lasciare un po' di margine al Parlamento» sui temi costituzionali. In fondo è stata la stessa Finocchiaro ad ammettere che il vero problema non è la mole degli emendamenti. Ma il capogruppo Luigi Zanda ostenta ottimismo: «Tutte le dieci votazioni sul calendario si sono concluse con una differenza di 74 voti, 77 se si contano le astensioni. Una forbice molto ampia, un segnale forte e positivo di una chiara volontà del Parlamento».

Secondo il racconto del senatore grillino Gianluca Castaldi, la Finocchiaro avrebbe confessato che il ricorso all'aula risolverebbe quello che appare soltanto un «problema politico». «La vera riforma di Renzi è l'uscita dalla legalità democratica» commenta amaro il senatore Lucio Malan (Fi). Che poi ricorda come l'articolo 72 della Costituzione «preveda che ogni ddl sia esaminato in commissione e poi in aula».

«Ora, proprio su un ddl di riforma costituzionale - conclude - si viola con tracotanza la Costituzione saltando il confronto in commissione. Un governo che non rispetta le leggi che esso stesso propone è nemico dello stato di diritto».

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