L'aumento del Pil oltre le aspettative si potrebbe tradurre in uno svantaggio per il governo italiano. Un ostacolo nella consueta trattativa con la Commissione europea per ottenere margini di spesa superiori rispetto a quelli stabiliti dai patti. Al ministero dell'Economia c'è chi già fa i conti e prevede che Bruxelles ci neghi uno sconto che potrebbe essere intorno al mezzo punto percentuale, circa sette miliardi, sostenendo che, adesso che la nostra economia sembra avere ingranato la marcia e che di conseguenza non abbiamo più motivi per non applicare alla lettera i limiti stabiliti dall'Europa sul deficit.
La fregatura si nasconde nel calcolo del cosiddetto output gap, dato dalla differenza tra il Pil potenziale e quello effettivo. È un indicatore che dovrebbe dare la misura di quante risorse un paese non è in grado di utilizzare per produrre ricchezza, a causa di fenomeni contingenti, come può essere la crisi economica. Tanto più è alto, tanto maggiore è lo sconto. Un Pil al rialzo, magari all'1,5% per cento a fine anno, potrebbe ridurre la distanza tra le due misure e quindi anche l'entità dello sconto. Difficile fare stime, ma è possibile che l'Italia avrà difficoltà a farsi riconoscere un mezzo punto di sconto nel deficit.
Una brutta sorpresa per il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che vorrebbe riformare a fondo il metodo di calcolo dell'output gap, adottando una versione più favorevole all'Italia. Sfida ancora più difficile ora. Nella Unione europea in molti potrebbero sostenere che non ci sono più scuse per ridurre il deficit visto che la nostra economia non soffre più a causa della crisi.
Altro scoglio, il debito. Il governo è intenzionato a ridurlo per circa 5 miliardi all'anno. Per il momento aumenta. Secondo il Bollettino economico della Banca d'Italia, a giugno si è attestato a 2.281,415 miliardi, in aumento di 2,2 miliardi rispetto al mese precedente. Un nuovo record assoluto. L'incremento rilevato a giugno 2017, spiega via Nazionale, riflette il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (8,4 miliardi), in parte compensato dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro. In sostanza, questa volta non è lo Stato che cerca di fare cassa approfittando dei bassi tassi di interesse. Ad aumentare è il debito delle amministrazioni centrali (più 4,0 miliardi) mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 1,9 miliardi.
Sempre secondo Bankitalia sta calando la quota di debito pubblico nelle mani di investitori stranieri (pesa la sfiducia) e calano le entrate tributarie. A giugno sono state pari a 31,6 miliardi (inferiori di 13,5 miliardi a quelle rilevate nello stesso mese del 2016). Ma è solo un effetto dello slittamento delle scadenze fiscali.
«Cosa dicono Matteo Renzi Paolo Gentiloni, Padoan ed Ernesto Carbone su nuovo record debito pubblico italiano? Com'era la storiella dei gufi? Segretario dem e suoi governi sinistra stanno distruggendo futuro Paese», ha commentato via Twitter il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta.
Punta il dito contro Matteo Renzi anche Mdp.
«Si è dilapidato denaro pubblico in bonus generalizzati, incentivi per decine di miliardi, detassazioni senza criteri, e in generale spesa pubblica facile», ha scritto il presidente della Toscana Enrico Rossi. E se un esponente di un partito di sinistra-sinistra tuona contro la spesa pubblica c'è da preoccuparsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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