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Risorse sforbiciate: la povertà sopravvive al sussidio di Di Maio

Risparmio di 2 miliardi posticipando il via alla misura e riducendo del 10% la platea

Risorse sforbiciate: la povertà sopravvive al sussidio di Di Maio

Roma - «Sono in stampa 6 milioni di tessere per il reddito di cittadinanza», disse il vicepremier Luigi Di Maio appena un mese fa aggiungendo che tanto il sussidio quanto quota 100 non sarebbero stati toccati dalla trattativa con la Commissione Ue per evitare la procedura d'infrazione. I fatti si sono incaricati di smentirlo. A partire dalla dotazione originaria che doveva essere di 9 miliardi di euro per il 2019 in quanto il bonus per l'inserimento nel mondo del lavoro avrebbe dovuto partire praticamente all'inizio del prossimo anno. Eppure già dai primi giorni del «grande freddo» con Bruxelles si sapeva che non sarebbe stato possibile erogare il reddito di cittadinanza da subito. In ogni caso, la platea potenziale del bonus (ossia 5 milioni di persone) è stata sempre rassicurata dal capo politico dei Cinque stelle: nulla sarebbe cambiato.

All'inizio di dicembre si sono evidenziate le prime crepe nella «diga» eretta a difesa del provvedimento. Prima Di Maio stesso ha iniziato a specificare che il patrimonio avrebbe inciso sull'erogazione, poi la Lega ha ulteriormente precisato che si sarebbe tenuto conto dell'Isee. Qualche sospetto in tutti i sostenitori pentastellati, in realtà, sarebbe dovuto sorgere allorquando cominciarono a circolare le prime bozze della manovra in quanto reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero sono collegati come due vasi comunicanti a un unico Fondo per il finanziamento della misura il cui stanziamento iniziale avrebbe dovuto essere di circa 16 miliardi.

A oggi il quadro è profondamente diverso da quello che era stato tratteggiato inizialmente, ossia un sussidio universale di 780 euro al mese da erogare a tutti gli italiani il cui reddito è inferiore a quella soglia individuata come limite della povertà. In primo luogo, perché in molti casi (come quelli dei pensionati) si tratterà di un'integrazione al minimo di quanto percepiscono mensilmente. In secondo luogo, perché la platea potenziale è stata decurtata di un 10% che, in base alle stime basate sul Reddito di inclusione (la misura varata dal governo Gentiloni), generalmente non accede alla misura pur potendone beneficiare. Ecco quindi che da 5 milioni si passa a 4,5 milioni di persone. Ultimo ma non meno importante il reddito di cittadinanza partirà non prima di aprile perché sarà necessario approvare il decreto legge che conterrà il provvedimento e poi avviare le procedure che prevedono, tra l'altro, il potenziamento dei centri per l'impiego. Lo stanziamento 2019 si riduce, pertanto, a 6,1 miliardi cui deve aggiungersi il miliardo destinato alle agenzie pubbliche per il lavoro. Un miliardo che in realtà sono 850 milioni perché, come ha spiegato ieri il premier Giuseppe Conte, «si è tenuto conto della stima di maggiori entrate contributive per 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 in relazione alle quote di risorse stanziate per l'attribuzione al reddito di cittadinanza e destinate all'assunzione di personale destinato a rafforzare le attività dei centri dell'impiego». Un emendamento alla manovra approvato alla Camera, infatti, prevede 4mila assunzioni l'anno prossimo. Dunque da 9 miliardi inizialmente attesi si scende poco meno di 7, anche per accontentare la Commissione europea. Per il 2020 e il 2021 si dovrebbe salire (ma siamo sempre nel campo delle ipotesi) a 8,4 miliardi circa tra 8,1 miliardi per il reddito e 300 milioni per i centri per l'impiego

È superfluo notare come l'introduzione del reddito di cittadinanza, oltre ad aver subito un depotenziamento i cui effetti si ripercuoteranno sulla crescita, rivista da +1,5 a +1%, si tradurrà anche in una penalizzazione di altre categorie come i pensionati poiché il taglio delle indicizzazioni ha anche lo scopo di reperire risorse ad hoc per la misura. «Abbiamo abolito la povertà!», festeggiò Di Maio dopo aver vinto il braccio di ferro con Tria sul deficit a fine settembre.

Oggi si può senz'ombra di dubbio affermare che la povertà non è stata baolita e qualcuno sarà più povero.

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