L'ultima volta il 7 marzo, nel salotto di Bruno Vespa. Sino ad allora Maria Elena Boschi era sparita dai radar. Niente più interviste, foto su giornali patinati, servizi glamour sulle sue scarpe laccate, sui vestitini succinti o sulle borse griffate. Niente tv, basta comparsate nei talk-show, feste, vernissage, opere a teatro o serate mondane. Dopo il fallimento della sua riforma al referendum del 4 dicembre, i suoi esperti di comunicazione devono averle consigliato di eclissarsi fino a data da destinarsi.
Lei, che promise, in coro col suo Matteo, di lasciare la politica per sempre in caso di vittoria del No, ha saputo riciclarsi, racimolando un posto da sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un ruolo più defilato, meno in prima linea, da giocarsi dietro le quinte, per cercare di ricostruire una credibilità politica finita in frantumi. Con i sondaggi in costante declino e le vittime del crac di Banca Etruria alle calcagna, per Maria Elena l'unica strada è stata quella di nascondersi. A Palazzo Chigi, naturalmente. Per cui via il portavoce e addetto stampa dei tempi d'oro da ministro: Luca Di Bonaventura è da poco passato col ministro Luca Lotti (indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento nel caso Consip). Ecco perché «lampadina» (come lo chiamano a Montelupo Fiorentino) ha iniziato a parlare (e twittare), lui che da uomo ombra di Renzi, è sempre stato muto, cieco e sordo. «Tanto Maria Elena non va più in tv quindi non gli servivo più. Sono passato con Lotti. Porterò mica sfortuna?», scherza Di Bonaventura che prima di fare lo spin doctor per i renziani lavorava all'Ansa di Firenze.
Del resto gli uffici stampa del Giglio magico sono sempre più Istituti Luce del renzismo: Filippo Sensi, ex portavoce e ufficio stampa di Renzi (sostituito pochi giorni fa dal deputato Michele Anzaldi, segretario della Vigilanza Rai), al recente Lingotto di Torino dettava i titoli ai giornalisti delle agenzie. Sensi, invece, è rimasto comodo a Palazzo Chigi con Gentiloni (a 170mila euro all'anno), ma è allo stesso tempo capo ufficio stampa del Pd e direttore di YouDem .
Sempre in ambito comunicazione, c'è un altro strano petalo che spunta dal Giglio magico. È Alessio De Giorgi fondatore ed a lungo direttore di gay.it, nonché ex presidente toscano di Arcigay, prima candidato al Senato con Mario Monti nel 2013 (esperienza fallita), poi votato a Renzi al quale giura fedeltà eterna nel 2016 quando lo prende come collaboratore a Palazzo Chigi, nello staff comunicazione. Oggi, orfano di Matteo, si è fatto ri-assumere al Pd in Largo del Nazareno a Roma. E al Lingotto, infatti, era in un brodo di giuggiole.
Meglio, infatti, che per un po' stia lontano dalla Toscana, dove dopo aver aperto e fatto fallire 15 società, in molti gli danno la caccia per i debiti che ha lasciato (tipo quei 290mila euro per l'acquisto - mai saldato - del Frau Marlèn, locale gay di Torre del Lago).È una questione di comunicazione.
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