Coronavirus

Ritorno in classe anticipato per 600mila studenti in Dad. Le scuse per le botte ai cortei

Non tutti hanno fatto in tempo a fare i tamponi per tornare in classe, ieri, dopo la riduzione della quarantena, ma per lo più il primo giorno di scuola con le nuove misure

Ritorno in classe anticipato per 600mila studenti in Dad. Le scuse per le botte ai cortei

Non tutti hanno fatto in tempo a fare i tamponi per tornare in classe, ieri, dopo la riduzione della quarantena, ma per lo più il primo giorno di scuola con le nuove misure, più leggere, per la gestione dei casi di positività è filato via senza troppi disagi. Serve ancora un po' di rodaggio per metabolizzarle, ma dopo un week-end di super lavoro tra i dirigenti scolastici c'è soddisfazione per i protocolli più agevoli che, di fatto, consentono ai vaccinati e ai guariti di dire addio alla dad. «Ancora una volta - dice il presidente dell'associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli - le difficoltà sono state superate grazie al lavoro dei presidi di sabato e domenica. I problemi maggiori li abbiamo avuti alle primarie, che sabato sono chiuse e dunque non sono riuscite a raggiungere le famiglie per fare rientrare gli studenti dalla dad. Ma è una situazione che si sta normalizzando».

Circa 600mila ragazzi, che stavano seguendo le lezioni da casa per uno o più casi di positività in classe, ieri sono tornati tra i banchi. Almeno tutti quelli che sono riusciti a fare un tampone nel fine settimana. Qualche problema c'è stato con le mense, perché si è saputo soltanto tra sabato e domenica che il numero degli alunni presenti sarebbe stato maggiore, ma non sempre c'è stato il tempo di avvisare i gestori. Qualche perplessità tra i dirigenti scolastici resta, perché ci sarebbero contraddizioni tra alcune disposizioni del decreto legge, altre del ministero della Salute e dell'Istruzione, altre ancora delle Regioni. In particolare Mario Rusconi, presidente dei presidi di Roma, lamenta una «burocrazia lenta e poco efficiente» e invoca «un'attenta regia da parte delle istituzioni delle misure da mettere in cantiere». Di fatto la semplificazione a scuola fa parte della road map verso la normalità tracciata dal governo. Il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, respinge le accuse di discriminazione nei confronti dei non vaccinati. «Di fronte a una platea di vaccinati di oltre l'80% per la fascia 12-19 anni e del 35% tra 5 e 11 anni con prima dose, che diventa il 50% se aggiungiamo chi ha contratto il Covid, dire che chi si è vaccinato, è guarito dal Covid o è esente dal vaccino avrà sempre le lezioni in aula mi pare più un tutelare la didattica in presenza che discriminazione», dice. Per Sergio Abrignani, del Cts, le nuove misure «sono un tentativo di incentivare la vaccinazione».

C'è poi l'altro tema caldo, che riguarda le proteste degli studenti in piazza dopo la morte di un ragazzo che stava svolgendo l'alternanza scuola-lavoro e il modo in cui sono state gestite dalla polizia. Il ministro Luciana Lamorgese ha ammesso che si è determinato «un cortocircuito»: «Da un lato c'era una direttiva del ministero che vietava le manifestazioni se non in forma statica, dall'altro i ragazzi volevano manifestare per questioni gravissime, come la morte di un coetaneo». Un cortocircuito che va dissinnescato, dice, «perché si viene da un periodo difficile, di pandemia, che ha creato situazioni di solitudine per i ragazzi». Per l'infettivologo Matteo Bassetti «hanno ragione i ragazzi ad essere arrabbiati»: «Sono stati penalizzati da un sistema che ha pensato che l'unico modo per risolvere i problemi del contagio fosse quello di chiudere le scuole e di mandarli in dad senza porsi il problema se servisse o meno».

Anche il collega Massimo Galli si schiera con gli studenti: «Comprendo il loro disagio, a scuola le cose sono confuse sul fronte Covid».

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