È tornato. Aboubakar Soumahoro non punta soltanto al ruolo di peones del Gruppo Misto. Nascondersi tra i meandri di Montecitorio non gli è proprio. Il pensiero un po' era venuto dopo la bufera sulla coop gestite dalla suocera e dalla compagna e successiva trasmigrazione da Verdi e Sinistra. Pareva scomparso, almeno dall'agone. No, il deputato c'è, lotta insieme a loro, e prova ad incarnare qualcosa di diverso dal consueto. E cioè tenta una strada che gli restituisca quell'aria da duro e puro ormai svanita. Il come è presto detto: cavalcando l'abolizione del reato di clandestinità. Una sua battaglia antica, a dire il vero.
«Abou» l'ha rilanciata tre giorni fa, come preludio al discorso in Aula con cui si è riaggrappato alla scena. Suomahoro, in giacca, munito di nuovo di estro parlamentare, forza la narrativa e tira fuori la carta Bergoglio. «Abbiamo imparato ad andare sulla luna ma non a costruire la pace: come dice Papa Francesco, la pace va costruita ogni giorno», introduce. Poi la diagnosi: «Non si può continuare, a distanza di trent'anni, a ragionare di emergenza migranti: è un fenomeno strutturale - prosegue - e va affrontato con un progetto europeo. Serve un serio piano europeo da discutere con l'Africa». Soumahoro non vuole però la regolamentazione dei flussi mediante accordi con i Paesi di provenienza, bensì la standardizzazione del fenomeno migratorio. Dimenticando uno dei canovacci (con delle differenze) della pastorale degli ultimi tre pontefici, papa Francesco compreso: il «diritto a non migrare».
Per il resto, la ridiscesa in campo di Soumahoro è tutto un commento diretto a Bonelli e Fratoianni: per i social, «Abou» è soprattutto «quello che hanno candidato loro». Una promessa operaistica che i vertici considerano fallita ma che non si fa parte.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.