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Il ritorno-vendetta di Letta all'ombra del padrino Prodi

In tv l'annuncio: "Lascio il parlamento per guidare la scuola di affari internazionali di Parigi". Ma la mossa è un tassello del piano segreto per far cadere Renzi e sostituirlo a Palazzo Chigi

Il ritorno-vendetta di Letta all'ombra del padrino Prodi

Il piano (per ora teorico) per far cadere Matteo Renzi e sostituirlo a Palazzo Chigi è già in allestimento. Sostituirlo con chi? Il candidato meglio piazzato sembra il meno probabile, ossia chi dal rapido avvento di Renzi venne spazzato via: Enrico Letta. Ieri ha annunciato il suo «passo indietro»: mi dimetto dal Parlamento, ha spiegato, perché «il mio prossimo impegno politico avviene sulla base del fatto che vivrò del mio lavoro». Che sarà quello di direttore della Scuola di Affari internazionali di Parigi. Un passo da Cincinnato: si ritira dall'agone, pronto ad essere richiamato.

Con un padrino altrettanto improbabile: Romano Prodi. Il premier spodestato e il mancato capo dello Stato (perché Prodi racconta a destra e a manca che il suo nobile desiderio era di andare a fare la pace in Libia, e Renzi glielo ha impedito, ma la vera poltrona che Renzi gli ha negato è quella del Quirinale) hanno deciso di unire le forze. Novelli Conti di Montecristo, riemergono contemporaneamente da una lunga apnea, e danno alle stampe due libri fotocopia, mirati a spiegare quanto Renzi sia inadeguato al compito che loro hanno svolto molto, ma molto meglio. Entrambi preparano un intenso piano di ritorno alla ribalta: interviste, convegni in giro per l'Italia, presenze tv.

Ecco dunque il Letta di ieri: prima su Avvenire e Manifesto (anticipazioni del libro), con le dure critiche al governo sull'immigrazione e l'abbandono di Mare Nostrum. Poi a sera il coup de theatre da Fazio, e l'annuncio che se ne va dal Parlamento ma certo «non mi dimetto dalla politica». Giura che «non c'è alcun tentativo di rivincita», ma tira una stilettata via l'altra al premier: annuncia che farà una scuola di politica «buona» perché «detesto quella di House of cards » (amata invece da Renzi, è il sottotesto). Sottolinea che l'uscita dalla crisi per ora si vede solo fuori (Draghi, il petrolio) e non dentro la politica di governo, e sulle riforme dice che toccano al Parlamento. «Consiglia» a Renzi un accordo sull'Italicum con la minoranza e non dice che voterà eventuali fiducie: «Vedremo». Prodi si muove di conserva, e in un'intervista al Messaggero scomunica l'idea di Pd di Renzi, dicendo che a lui non è «mai» venuto in mente di «chiedere il voto ai conservatori, e dunque non ho mai voluto fare il partito della Nazione». E poi dissemina acidità verso il premier: del resto nel suo libro dice che a Renzi preferisce «il cacciavite di Letta».

La lunga marcia di Prodi e Letta ha molti, più o meno silenziosi, tifosi: dai media ( Corriere , un pezzo del gruppo Repubblica , gran parte della tv) alle lobby colpite dalle riforme renziane (sindacati, scuola, grandi burocrazie) fino alla minoranza Pd. Che sarebbe, nei piani, l'utile massa di manovra parlamentare per l'operazione. Non si pensa ad un inciampo in tempi rapidi, tanto meno sull'Italicum: la legge elettorale passerà, è previsione generalizzata. Ma di sicuro la sua approvazione, magari attraverso la forzatura della fiducia, alimenterà un clima torbido e rabbioso attorno al governo. «Uno strappo sull'Italicum mette a rischio la legislatura», avverte Gianni Cuperlo.

Il vero punto di svolta saranno, nei prossimi mesi, i dati sull'economia: se non ci sarà una ripartenza netta, se l'occupazione non farà un balzo, se le ripercussioni della crisi greca restringeranno in margini di manovra per il governo, l'inciampo per Renzi potrebbe arrivare, e il tandem Prodi-Letta sarebbe pronto ad entrare in campo con un governo di emergenza. Il grosso dei parlamentari Pd, è il calcolo, tra un segretario (Renzi) pronto alle urne e la chance di restare sui propri seggi e pagare i propri mutui per altri anni non avranno dubbi. Da che parte starebbero Bersani, D'Alema, Bindi, Civati non è neanche da chiedersi. Resta la grande incognita: da che parte starebbe l'uomo che avrebbe a quel punto il timone della crisi, ossia Mattarella, con il quale Letta dice di aver parlato, uscendone «rincuorato».

Dalle parti dei «complottisti» la certezza è una: «Mattarella farà come Scalfaro».

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