Rivolta anti immigrati: «Fuori dalle nostre case»

Mobili in fiamme nel condominio «assegnato» ai profughi Zaia: «Veneto africanizzato». Il prefetto: «Colpa degli italiani»

Roma«Prefetto Marrosu, a casa portali tu». Dopo una notte di guerriglia condominiale, è rimasto questo lenzuolo esposto sulla facciata di un palazzo di via Legnano, a Quinto. Sul marciapiede reti di letti, decine di rotoli di carta igienica, cassettiere di plastica. Una notte di fuochi: materassi bruciati, la strada blindata. Ci sono rabbia, frustrazione, estremismo e un preoccupante corto circuito istituzionale nell'ultima storia di convivenza impossibile tra cittadini italiani e profughi. Una convivenza che nel caso di Treviso sembra imposta dall'alto, ingenuamente pensata come modello di integrazione: richiedenti asilo collocati dalla prefettura in due condomini, fianco a fianco con le famiglie residenti, e queste ultime danno vita a una protesta senza precedenti. Prima un picchetto ai giardinetti, poi mobili e materassi dati alle fiamme, gli appartamenti per gli ospiti vandalizzati, il boicottaggio del cibo destinato ai profughi, l'inserimento di Forza Nuova, l'arrivo del governatore del Veneto, Luca Zaia.

Il piccolo complesso a Quinto è diventato un fortino in fiamme. L'area è stata circondata dalle forze dell'ordine per impedire che i residenti perdessero completamente la testa e che l'esasperazione sfociasse in scontri fisici. La guerra di Quinto si è accesa quando il prefetto di Treviso, Maria Augusta Marrosu, ha deciso di collocare in un complesso residenziale dell'hinterland trevigiano 101 profughi, prima accolti in strutture della città ritenute inadatte. Trenta appartamenti sfitti sono stati arredati con mobili e tv e riforniti di generi alimentari e sigarette. In quei condomìni abitano da sette anni dieci famiglie. Appena la notizia dei nuovi arrivi è stata confermata, è scattata la protesta: una trentina di residenti hanno abbandonato le loro case accampandosi con le tende ai giardinetti di fronte, inscenando uno sfratto. In mano, le chiavi di casa: «Con i profughi qui non ci stiamo, che prendano anche i nostri appartamenti». Arrabbiati più che con gli immigrati con le istituzioni. E preoccupati per la svalutazione delle case: «Ho perso il lavoro e domattina avevo appuntamento per vendere l'appartamento. Mi mettete per strada», gridava un 50enne, tra i più esasperati. Nella notte la situazione è degenerata. Ignoti hanno preso dalle case dei profughi mobili e materassi e incendiandoli in strada. E in mattinata alcuni militanti di Forza Nuova hanno cercato di impedire al personale della cooperativa che gestisce l'accoglienza di consegnare il cibo destinato agli ospiti. Intanto nei palazzi politici di Treviso tutti litigano tra loro. Il sindaco dem Giovanni Manildo attacca il prefetto: «Le prefetture continuano a dimostrare la loro efficacia, a spese dei cittadini». Ma il prefetto non si ferma: «I residenti che hanno fatto danneggiamenti verranno denunciati», spiega, aggiungendo che chi ha sbagliato «non sono gli stranieri, ma gli italiani». E intanto a Treviso i profughi continuano ad arrivare: altri 28 immigrati provenienti dalla Sicilia sono stati alloggiati nella parrocchia di Ponzano.

«Stanno africanizzando il Veneto», ha tuonato Zaia, arrivando in via Legnano. I sindaci «sono eletti dal popolo», ma «i prefetti non mi risulta si siano mai candidati».

Dunque «fanno bene» i cittadini a protestare se «in un Comune di 9mila abitanti il governo scarica senza preavviso due corriere di clandestini senza identità, storia e controlli medici». Polemico anche il segretario della Lega Matteo Salvini: «Quello che sta accadendo è intollerabile. Non accettiamo nessuna violenza ma quegli stranieri devono andare via».

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