Coronavirus

Rivoluzione negli ospedali. Reparti mix con i casi Covid

Ipotesi della sanità per la nuova organizzazione. L'obiettivo finale: trattare il virus in ambulatorio

Rivoluzione negli ospedali. Reparti mix con i casi Covid

Il modello del mega reparto Covid all'interno degli ospedali ha quasi fatto il suo tempo. Sembra strano dirlo quando i casi sono 196.224, i decessi a quota 313 in un giorno e i ricoveri 214 in più rispetto a martedì (ma le rianimazioni calano di 8 unità). Ma, nel cuore della quarta ondata, è sempre più chiaro che sia ora di pensare a un'organizzazione sanitaria nuova per gestire i pazienti. E per arrivare progressivamente a trattare la malattia a livello ambulatoriale. Diverse le ipotesi al vaglio.

I REPARTI «MIX»

Un paziente su tre entra in ospedale per una malattia diversa dal Covid e solo dopo scopre di essere positivo. Quindi, anziché essere ricoverato nei reparti Covid, può essere curato in reparti polispecialistici dove si garantiscono tutti i protocolli Covid ma si trattano più patologie. Già avviene in diversi ospedali, tra cui Varese. Nel reparto «mix» si trovano nella stessa corsia pazienti positivi con la pancreatite, con la gamba rotta o in attesa di essere operati di appendicite. E ognuno di loro viene seguito dal medico specialistico. Le «altre malattie» iniziano ad avere più peso anche all'estero. In Belgio ad esempio si sta valutando di escludere i pazienti Covid dalle corsie preferenziali per il ricovero.

L'IPOTESI DEI SOTTO REPARTI

A molte strutture ospedaliere la soluzione del reparto mix è sembrata più funzionale e sicura rispetto all'ipotesi inversa, cioè creare delle stanze Covid in ogni reparto (oncologia, cardiologia, ortopedia) per tenere separati i pazienti «ordinari» da quelli positivi. Organizzazione difficile da gestire a livello logistico e poco sicura per tutti, personale compreso. La trasformazione degli ospedali è in corso prima ancora che arrivino direttive ufficiali «dall'alto». È l'evoluzione della malattia a richiederlo. Più aumenterà la platea dei vaccinati, più farmaci ci saranno a disposizione, meno serviranno le terapie intensive e meno saranno i casi gravi. Il Covid verrà sempre più trattato come una patologia pauci-sintomatica, fino ad arrivare alla gestione dei malati a livello ambulatoriale.

VERSO GLI AMBULATORI

Nella gestione del virus, saranno fondamentali le Case di comunità, evoluzione delle mai realizzate Case della salute. Grazie ai due miliardi di fondi del Pnrr ne verranno aperte 1.288 (a giorni sarà inaugurata quella dell'ospedale di Tradate, Varese, una delle aree più colpite dal virus) ma non in tutta Italia saranno pronte a breve. Aiuteranno a non intasare i reparti. Oggi ci sono (purtroppo pochi) gli ambulatori Covid in cui i pazienti con sintomi lievi possono ricevere antivirali per vena, monoclonali e diagnosi veloci. Due esempi ben funzionanti sono l'ospedale di Varese e il San Raffaele di Milano, uno dei primi a credere nell'ambulatorio. «Questo metodo previene molte ospedalizzazioni - spiega l'immunologa Patrizia Rovere Querini, responsabile del programma di integrazione con il territorio del San Raffaele - e dà ai pazienti a possibilità di seguire le terapia senza bisogno del ricovero». Più ambulatori ci saranno, più si risolverà il problema dei posti letto Covid, cresciuti nell'ultima settimana del 32% in base al rapporto Fiaso.

E si metterà un argine alla variante Omicron, che sta registrando dati allarmanti, con il +18% dei casi da terapia intensiva (per lo più No Vax) e il raddoppio dei ricoveri pediatrici.

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