Roma città chiusa in un degrado eterno

Stop a un'altra fermata della metro

Roma città chiusa in un degrado eterno

Roma città chiusa. Roma sventrata e paralizzata. Roma che cade a pezzi, come una statua di sale. Roma che brucia, nei capannoni di rifiuti in periferia, laggiù a Rocca di Cencia. Roma abbandonata, ripudiata e decapitata. Roma venduta e stuprata. Roma perdonali, se davvero puoi, perché non sanno quello che fanno. Roma dove nessuno butta più una moneta nella fontana di Trevi, per la paura di doverci tornare. Roma che si inabissa e si appella alle muse perché qualcuno racconti la più sgangherata delle sue cadute. Ecco come muore la città eterna.

Scrivetelo sui muri, ridate voce a Pasquino, resuscitate Trilussa, Petrolini o Pascarella, cantate con voce accorata «nun je da' retta Roma, che t'hanno coionato», ma per Giove capitolino, facciamo qualcosa prima che arrivi la prossima sciagura. Chi non vive qui non può neppure immaginare, giorno dopo giorno, quello che sta accadendo. Nell'assurdità di questa storia quotidiana c'è qualcosa di epico, perché Roma non è un posto come gli altri e vederla cadere e sbrindellarsi pezzo a pezzo, nella rassegnazione dei cittadini dell'Urbe, quasi senza rumore, di certo senza pietà, è semplicemente surreale. È come vedere la storia che si frantuma, mentre ognuno va avanti con la sua vita, sacramentando certo, sputando contro il cielo, ma alla fine arrangiandosi tra crateri sull'asfalto, topi nella monnezza, alberi che piovono sui tetti e sulle auto in sosta, le bustarelle di sempre e i giri di amici degli amici e circoletti vari, dove nessuno ti chiede «che sai fare?», ma sempre e solo «chi conosci?», «chi ti battezza?».

L'ultima disarmante e sfacciata malandrinata è che qui di fatto non c'è più neppure una metropolitana. Chiusa la stazione di Repubblica, poi Barberini e Spagna, con la linea B nel caos per lavori di manutenzione, e gli autobus che vanno a intermittenza si vive in una città interrotta. Allora ti chiedi a cosa ti serva tanta meraviglia se vivi allo sbando e il gesto più onesto di chi governa questa città è allargare le braccia? Le colpe, diranno, vengono da lontano ed è vero che da troppo tempo i padroni di Roma hanno smesso di immaginare un futuro, ma ormai non si può sfuggire alla resa dei conti. Il fallimento di Virginia Raggi lo riconoscono perfino i Cinque Stelle.

Non è solo il degrado e il disagio il segno della disfatta, ma è il peso politico che la rovina di Roma si porta dietro. Roma è un simbolo. È il sogno di Grillo che ora puzza di marcio. È una patente di mediocrità. Roma ti maledice in eterno.

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