
Roma Sarà un po' come Davide contro Golia. Roberto Speranza, tra le voci più autorevoli della dissidenza Dem, scomoda addirittura una pagina biblica per annunciare la sua candidatura alla segreteria politica del Partito democratico. E lo fa alla vigilia dell'Assemblea. Quindi ben prima di sapere cosa oggi Matteo Renzi dirà a proposito del prossimo congresso. Prima ancora di sapere, insomma, se sarà anticipato o meno. La candidatura di Speranza si va ad aggiungere a quella di Enrico Rossi, il presidente della Regione Toscana, che ha dato da tempo la sua disponibilità a correre per la segreteria.
Più cauto ieri, al centro congresso di via dei Frentani, è sembrato invece Michele Emiliano, il governatore della Puglia che molti vedrebbero bene come antagonista di Renzi per la guida del partito. Nella vecchia sede che un tempo ospitava la Federazione giovanile comunista, ieri si è riunita la galassia di gruppi e movimenti che si riparano sotto la comoda dicitura «minoranza Dem». L'occasione il convegno «L'Italia prima di tutto. Un nuovo Pd per ricostruire il centro-sinistra». C'erano tutti i «dissidenti» che hanno optato per il No al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. A iniziare dal più bersagliato da Renzi durante la campagna elettorale: Pierluigi Bersani. Che davanti a una platea amica ha potuto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, scoprendosi titolare di un ruolo tutt'altro che secondario.
«Stiamo aiutando - spiega - a tenere il Pd agganciato alla realtà e ad alcune delle sue radici più solide e profonde. Non cederemo all'amarezza o al rancore. Noi terremo aperta la porta della razionalità tenendo sempre dritta la barra delle buone idee». E visto che ci si trova lancia subito un tema: il lavoro. Il tanto temuto referendum su alcuni elementi del Jobs Act proposto dalla Cgil deve riportare l'attenzione del Pd sul tema del lavoro. Serve, spiega Bersani, un intervento sui vaucher e una «ragionevole tutela nei confronti dei licenziamenti».
E sull'argomento torna lo stesso Speranza che bacchetta il ministro Poletti per la sua gaffe su voto anticipato e referendum. «Inaccettabile e ancor più singolare che un ministro parli di voto anticipato per evitare il referendum il giorno stesso in cui il Parlamento vota la fiducia al governo di cui fa parte».