Rufo sfida il "New Yorker" per fermare l'odio woke

L'intellettuale pubblica i post contro i bianchi di una cronista e offre uno stipendio a chi lascia la rivista

Rufo sfida il "New Yorker" per fermare l'odio woke
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Un uomo solo, e per disgrazia pure bianco, contro il New Yorker, la rivista più democratica, colta e aristocratica di questo maledetto Occidente. L'uomo è anche un italo americano, un intellettuale di quelli troppo urticanti per trovare spazio a New York, laureato a Harvard ma finito dalla parte sbagliata della storia, sempre la stessa. La sua sfida però è nel nome della democrazia, della libertà e contro il razzismo. È un appello ai signori perbene del New Yorker. "Offro un anno di stipendio in Bitcoin a qualsiasi scrittore del New Yorker che scriva una lettera di dimissioni per la cultura razzista anti-bianchi e antisemita della rivista". Nessuno, per ora, ha risposto. Tutto comincia con una pubblicità.

Chi, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ha creduto che, dopo una lunga, devastante egemonia culturale, l'ideologia woke stesse finalmente volgendo al termine, dovrà aspettare. Lo dimostra la durissima campagna contro la pubblicità dei jeans American Eagle con la bellissima Sydney Sweeney. L'hanno accusata di tutto: "propaganda nazista", "promozione dell'eugenetica", "suprematismo bianco". Per giorni la stampa liberal è andata avanti a demonizzarla con estrema ferocia. E più i salotti dorati attaccavano, più il popolo Maga si divertiva a canzonarli. Trump, in primis. Sui propri social ha postato una foto generata dall'intelligenza artificiale in cui posava per American Eagle.

Tra gli alfieri woke che si sono scagliati contro la Sweeney c'è anche una giornalista del New Yorker. Si chiama Doreen St. Félix e il 2 agosto pubblica un articolo in cui definisce l'attrice "una principessa ariana" e attacca la "legione adorante" di estremisti che la difendono. Un tempo, nemmeno troppo lontano, è probabile che una crociata censoria come questa avrebbe avuto la meglio. Ma ecco l'uomo solo, l'intellettuale che decide di sfidare la vulgata liberal: Christopher F. Rufo, intellettuale vicino a Trump, ricercatore senior del Mahattan Institute e firma del nostro Giornale. A colpi di post sfida il Sistema e schianta l'ideologia che ha messo in croce la Sweeney. Un'ideologia che accusa di razzismo American Eagle ma che è essa stessa intrisa di razzismo. Contro i bianchi. Rufo lo dimostra rilanciando i vecchi tweet della St. Félix . Anno 2014, poco prima di essere assunta dal direttore David Remnick. Il più esplicativo è forse il seguente: "Odio gli uomini bianchi. Siete i peggiori. Andate a curare i vostri fottuti complessi edipici e lasciate la terra alle persone di colore e alle donne". Ma ce ne sono molti altri, quindi impossibile pensare che si trattasse di uno scivolone giovanile. In alcuni accusa la "razza bianca" di aver diffuso epidemie. In altri ancora strumentalizza l'Olocausto. Ma, quando Rufo chiede conto al New Yorker di tali posizioni, la rivista in tutta risposta lo blocca. La contro-risposta di Rufo è: "Laughing My Ass Off". Ovvero: "Rido a crepapelle". Altro punto a suo favore.

Di lì a poco la polemica finisce su altre testate. Ne parlano Fox News e il New York Post. Entrambi chiedono un commento alla giornalista a al magazine. Ma niente da fare. E forse il perché di questo silenzio lo spiega il liberal Persuasion: "I Rufo del mondo fantasticano che i Remnick del mondo, una volta venuti a conoscenza di tweet come quello di St. Félix, si vergogneranno per non aver controllato a sufficienza il loro staff e procederanno ai licenziamenti necessari, magari liberandosi delle proprie responsabilità. Ma ciò che i Rufo e i suoi accoliti non capiscono è che St. Félix non lavora al New Yorker nonostante quei tweet. Lavora lì grazie a loro". Tutto possibile. D'altra parte gli odiatori, se progressisti, non vengono mai considerati tali o, quantomeno, c'è sempre qualcuno pronto a giustificarli.

Sta di fatto che Rufo non molla la presa e rilancia offrendo "un anno di stipendio in Bitcoin a qualsiasi scrittore del New Yorker che scriva una lettera di dimissioni per la cultura razzista anti-bianchi e antisemita della rivista". Quindi mette subito sul tavolo l'offerta: un contratto da 125mila dollari. E lancia un appello di libertà: "È ora di fermare l'odio".

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