La Russia accusa l'Ucraina. "Pronta la bomba sporca". Ma nessuno crede a Mosca

Il ministro della Difesa Shoigu lancia l'allarme con Londra e Parigi, poi chiama il suo collega Usa

La Russia accusa l'Ucraina. "Pronta la bomba sporca". Ma nessuno crede a Mosca

Quando un pezzo grosso dell'establishment russo dice qualcosa, quel qualcosa va preso molto, molto con le molle. Perché quel qualcosa potrebbe anche essere vero ma molto più probabilmente è un modo per mettere le mani avanti, tutelarsi o ancor peggio, fingere una posizione per poi prenderne repentinamente un'altra opposta. E così, le preoccupazioni riguardo al possibile utilizzo, da parte di Kiev, della cosiddetta «bomba sporca» da parte del ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, non possono essere considerate attendibili. Anzi, probabilmente non ci crede nessuno. O, peggio ancora, non fanno altro che accrescere il timore che siano proprio i russi a voler utilizzare armi non convenzionali, magari per poi accusare gli ucraini.

Nella giornata di ieri questo timore ha preso pesantemente corpo, vista l'insolita attività telefonica da parte di Shoigu. Prima ha telefonato al ministro della Difesa turco Hulusi Akar, poi con quello francese Sèbastien Lecornu e nfine anche con quello britannico Ben Wallace. Tre telefonate, di propria iniziativa, per ribadire la stessa cosa: gli ucraini cattivi vogliono utilizzare armi sporche. Telefonate sospette e certamente non casuali a cui, appunto, non ha creduto nessuno. Scontata la replica di Kiev: «È anche questa una bugia. Non esiste una bomba sporca. Solo sporchi tentativi di giustificare il genocidio con una nuovo falsità», ha scritto sui social il consigliere di Zelensky Mykahilo Podolyak. Ma anche Wallace ha respinto le accuse di Mosca secondo cui i Paesi occidentali favoriscono un'escalation della guerra in Ucraina specificando che «tali accuse non devono servire come pretesto a un'ulteriore escalation», si legge in una nota ufficiale. Tradotto dal linguaggio formal-istituzionale, altro non vuol dire che al momento la Russia non è un interlocutore credibile, o quantomeno non è credibile nel recitare la parte della vittima in un conflitto in cui è lampante chi sia l'aggressore e chi l'aggredito.

Eppure una parvenza di credibilità a mister Shoigu bisogna concederla. Non tanto per i contenuti delle sue accuse, quanto perché ieri ha nuovamente telefonato anche al capo del Pentagono Lloyd Austin, per la seconda conversazione in due giorni. Al di là dei contenuti della chiacchierata (i due «hanno discusso della situazione in Ucraina»), si tratta di un segnale positivo. Qualsiasi soluzione al conflitto, da una possibile tregua alla remota speranza di pace, non può che passare attraverso colloqui che comprendano i principali attori in campo. E un rapporto in qualche modo collaborativo tra Russia e stati Uniti in questo senso è imprescindibile.

Anche perché a livello globale, c'è una quasi totale unanimità nel condannare la Russia. Al punto che il G7 ha ufficialmente condannato i «ripetuti» rapimenti da parte della Russia dei manager e del personale della centrale nucleare di Zaporizhzhia e ha chiesto l'immediata restituzione all'Ucraina del «pieno controllo» dell'impianto, oltre al rilascio «immediato» delle persone rapite.

Un comunicato molto duro in cui si spiega che «queste azioni compromettono ulteriormente la sicurezza nucleare della centrale, impedendo al personale chiave di svolgere le proprie funzioni indispensabili». Ora tocca a Mosca, muoversi verso la collaborazione. Perché la minaccia nucleare continua a spaventare l'Europa, bombe sporche minacciate o meno. E qualche telefonata non basta a tranquillizzare nessuno.

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