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Russiagate, l'audizione di Mueller non convince nessuno

L'ex Procuratore speciale Robert Mueller ha ammesso che Trump può essere incriminato per ostruzione alla giustizia, una volta lasciata la Casa Bianca, ma i repubblicani lo contestano. Trump all'attacco

Russiagate, l'audizione di Mueller non convince nessuno

L'attesissima audizione di Robert Mueller sul Russiagate è stata un mezzo flop. Come sottolinea Errol Louis sul sito web della Cnn - non certo benevola con il Presidente Donald Trump - "è ironico che l'uomo che ha guidato e diretto le indagini sia stato ridotto a un personaggio secondario taciturno", un'apparizione che Louis definisce "sconcertante". Mueller è stato bersagliato anche sui social media, come scrive il Daily Mail, dove molti hanno definito la sua apparizione al Congresso goffa, confusa, insicura. "Questo è stato un disastro per i democratici e un disastro per la reputazione di Robert Mueller". Sono le parole con cui Chris Wallace, volto di Fox News, commenta l'audizione dell'ex procuratore speciale davanti alla Commissione Giustizia della Camera. Le parole dell'anchorman vengono riproposte su Twitter, con tanto di virgolette, dal Presidente Donald Trump.

A Mueller è stato chiesto se l'indagine sia stata ostacolata in qualche modo e lui ha detto "nò", aggiunge Trump, citando le parole pronunciate in diretta tv da Katie Pavlich, sempre su Fox News. Per il Presidente, quindi, "in altre parole non c'è stata ostruzione". L'audizione di Robert Mueller è stata chiesta dai democratici, per fare chiarezza su alcuni aspetti, considerati irrisolti, del rapporto conclusivo sull’inchiesta, anche se il procuratore aveva già annunciato che non sarebbe andato oltre quanto già reso pubblico a marzo. Dopo due anni di indagini sui presunti tentativi russi di influenzare la campagna presidenziale del 2016, secondo il rapporto finale vi sarebbero stati vari contatti tra l’entourage di Donald Trump e la Russia, ma non ci sono prove che siano stati commessi dei reati, né che il presidente Usa abbia successivamente ostacolato la giustizia.

Mueller ha premesso che “non risponderà a tutte le domande” e ha poi dichiarato che il suo rapporto non scagiona completamente il presidente Trump. “No”, ha risposto l’ex procuratore speciale a una domanda specifica del presidente della commissione, Jerry Nadler. Dopo aver ricordato le regole del Dipartimento della Giustizia in base alle quali non si può incriminare un presidente in carica, Mueller ha ammesso che Trump può essere incriminato per ostruzione alla giustizia, una volta lasciata la Casa Bianca.

Il procuratore speciale dell’inchiesta Russiagate, rispondendo con una serie di "yes" alle domande del presidente della Commissione giustizia Nadler, ha inoltre confermato che il presidente Donald Trump ha rifiutato di farsi interrogare, opponendosi a qualsiasi richiesta nel corso di un anno. Trump, ha ribadito Mueller, non ha collaborato nonostante il team del procuratore avesse spiegato agli avvocati del Presidente che la sua testimonianza sarebbe stata "vitale" per l’inchiesta. L’ex procuratore speciale ha risposto "sì" ad un parlamentare che gli chiedeva se sapesse del tentativo di Trump di far dimettere il ministro Sessions.

Ci sono numerose domande che i democratici avrebbero dovuto fare a Robert Mueller e che non hanno fatto. Ma c'è un altro aspetto importante che emerge da quest'audizione e che racconta cosa è stato omesso dall'indagine sul Russiagate. Sebbene il suo mandato gli richiedesse di indagare sulle presunte interferenze russe nelle elezioni americane senza un riferimento specifico a un particolare candidato o partito, Robert Mueller ha chiarito di aver indagato solo sulla campagna del presidente Donald Trump. Interrogato dal repubblicano Steve Chabot, l'ex Procuratore speciale ha dichiariato di non aver indagato sul falso dossier redatto dall'ex spia britannica Christopher Steele pubblicato dal sito americano Buzzfeed.

Fu proprio Steele, come rivelò il Guardian, a confezionare il documento pubblicato poi da BuzzFeed, dal quale emergevano contatti frequenti tra lo staff di Donald Trump e gli intermediari del Cremlino durante la campagna elettorale del 2016. Un dossier che poi si è rivelato essere in larga parte infondato e falso, come lo stesso ex membro dell’agenzia di spionaggio per l’estero della Gran Bretagna ha ammesso. Il dossier Steele è stato finanziato in parte dalla Fusion Gps, dal Washington Free Beacon, dal Democratic National Committee e dalla campagna di Hillary Clinton. Contiene affermazioni infondate secondo cui gli agenti dell’intelligence russa avrebbero filmato il presidente Trump con delle prostitute in un hotel di Mosca. Inoltre, secondo il dossier, Michael Cohen, ex avvocato del tycoon, si sarebbe recato a Praga nell’agosto del 2016 per prendere accordi con gli agenti del Cremlino e con gli hacker. Trump e Cohen hanno negato con veemenza tali accuse.

Un aspetto che, come ha rilevato oggi il deputato repubblicano Steve Chabot - e confermato dalle risposte di Mueller - non è stato preso in considerazione dalle indagini. "Sappiamo che la campagna di Hillary Clinton ha pagato Fusion Gps" ha ricordato Chabot. "Perché la sua indagine si è concentrata su un breve incontro alla Trump Tower che non ha prodotto nulla e ha ignorato i legami della campagna di Clinton con Fusion Gps?" ha rimarcato il repubblicano.

A tal proposito Matt Gaetz, uno dei più combattivi e apprezzati dal presidente Trump, ha attaccato l'ex procuratore speciale, accusandolo di non aver indagato abbastanza su Christopher Steele. "Su quel tema lei non ha detto niente - lo ha incalzato Gaetz - mentre su altri è stato abbastanza loquace", riferendosi alla posizione di Trump. Mueller ha provato, senza successo, a ribattere. Poi, ha spiegato: "Di questo caso si occupa il dipartimento della Giustizia.

Sono l'Fbi e il dipartimento che dovrebbero rispondere a questo particolare tema".

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