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Russiagate, spie e Cina: ecco tutti i buchi neri dell'era Conte premier

Ombre sulle visite del procuratore Usa Barr in Italia. L'ex premier: "Solamente illazioni"

Russiagate, spie e Cina: ecco tutti i buchi neri dell'era Conte premier

E mail russe, cene americane, mascherine cinesi. Da quando è cominciata la guerra in Ucraina l'ex premier Giuseppe Conte si trova di nuovo a fare i conti con punti oscuri, sospetti, spie e trame che avrebbero caratterizzato i suoi anni a Palazzo Chigi. Rispuntano vecchi fantasmi, come quello della missione della Russia in provincia di Bergamo durante la prima ondata del Covid, riemergono i presunti complotti del filone italiano del Russiagate trumpiano, si ammantano di una luce oscura i rapporti tra Conte e la Cina. L'attualità impone di partire da Mosca. Dalla spedizione «Dalla Russia con amore» partita dal Cremlino verso il Nord Italia martoriato dal Coronavirus. Arrivarono medici e militari per dare una mano all'Italia, con il benestare di Conte e Vladimir Putin. Ma ora alcune email pubblicate dal Corriere della sera sembrano contraddire alcuni punti della versione della storia offerta dall'attuale leader del M5s.

«Si prevede di inviare i mezzi speciali per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette», recita una nota arrivata dall'ambasciata russa il 23 marzo di due anni fa e trasmessa dalla Farnesina al governo. A Palazzo Chigi, dunque, avrebbero dovuto sapere che la Russia si era offerta di «bonificare» gli edifici pubblici. Conte, invece, ormai un mese fa aveva negato di essere a conoscenza di questa fase della missione russa. «Non ho mai sentito questa cosa, nessuno me ne ha mai parlato», la versione dell'ex premier sulla disinfestazione delle strutture pubbliche in Lombardia. A imbarazzare Conte anche il costo della missione, su cui Palazzo Chigi all'epoca glissava. Ebbene, dalle email emerge che l'Italia ha sostenuto le spese per l'arrivo di 130 persone e per il rifornimento degli aerei.

Contemporaneamente scoppia il caso delle visite a Roma del segretario della giustizia Usa William Barr. Siamo tra l'agosto e il settembre del 2019. E - come rivelato da Repubblica - l'Attorney general Barr incontra a cena la sera di Ferragosto il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Gennaro Vecchione, fortemente voluto da Conte a capo del Dis. La cornice è quella del Russiagate, con l'amministrazione di Donald Trump impegnata a provare come il caso delle interferenze russe nella campagna per le presidenziali del 2016 fosse tutta una montatura architettata da Barack Obama e dai democratici americani, con la complicità dell'intelligence italiana e del governo guidato allora da Matteo Renzi. Secondo il quotidiano, a cena si parla anche dell'eventualità che l'Italia sia stata al centro delle presunte macchinazioni dem per sbarrare a Trump la strada della Casa Bianca. Stando ai documenti, Barr torna a Roma il 27 settembre e rivede Vecchione. Conte ieri però ribadisce la sua versione dei fatti: «Non ho mai incontrato Barr, né sono a conoscenza di cene tra lui e Vecchione. Sono solo illazioni». Intanto i parlamentari del M5s componenti del Copasir ripetono che Conte è disponibile a riferire al Comitato e aggiungono: «Riteniamo sia utile audire quanto prima tutte le parti chiamate in causa, a partire dal senatore Matteo Renzi».

Nel puzzle della politica estera contiana non può mancare la Cina. Qui uno dei punti oscuri sono le centinaia di migliaia di mascherine di fornitori cinesi arrivate in Italia durante l'emergenza e rivelatesi poi non funzionanti e non conformi agli standard. L'ex commissario straordinario Domenico Arcuri, nominato da Conte, rischia un processo per abuso d'ufficio.

Mentre, come ammesso dallo stesso ex premier, anche in questa circostanza Palazzo Chigi avrebbe mobilitato i Servizi segreti allo scopo di evitare truffe.

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