Il sacrificio di Zaia: via lista e nome dopo il patto con Fdi per il sì a Stefani

Il governatore: "Per qualcuno sono un problema". Ma porterà voti alla Lega

Il sacrificio di Zaia: via lista e nome dopo il patto con Fdi per il sì a Stefani
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Lo definiscono "irritato". Anzi, "irritatissimo". Luca Zaia è l'agnello sacrificale di questa tormentatissima vigilia elettorale. Mesi e mesi di trattative, di richieste e rinunce, infine il grande annuncio che non risolve i problemi: il candidato del centrodestra per la Regione Veneto sarà Alberto Stefani, giovanissimo vicesegretario della Lega.

Matteo Salvini ha vinto il lungo braccio di ferro con l'alleato- nemico Fratelli d' Italia?

"A voler essere ottimisti - spiega un colonnello del Carroccio che chiede l'anonimato - è stata una vittoria di Pirro". Ma secondo molti è stata una sconfitta e fra le vittime non proprio collaterali c'è lui, il Doge, costretto a subire una sfilza di no, non si sa se più imbarazzanti o umilianti.

L'elenco impressiona: prima il no al nuovo mandato, accompagnato da nobili riflessioni, ma in realtà pensato per fermare lui e, sull'altro versante, Vincenzo De Luca.

Poi è arrivato il no ad un rinvio delle elezioni che avrebbe permesso al Governatore di tagliare il nastro delle Olimpiadi Milano- Cortina 2026, che sono anche frutto del suo impegno e delle sue intuizioni. Niente da fare, anche se sarebbe bastato un rinvio di tre mesi per permettergli di coronare il sogno.

Poi, nella girandola delle ultime settimane, ecco altri due no: no alla lista Zaia e no, ancora no, il quarto no, al suo nome sul simbolo.

Insomma, si è preferito depotenziare un leader dal consenso straordinario che avrebbe potuto fare ombra agli altri partiti del centrodestra, conquistando percentuali inarrivabili.

Forse lo stesso tema sarebbe emerso pure in una competizione fra lista Zaia e Lega, ma la lettura che i leghisti veneti danno di quel che è accaduto è meno dietrologica e più terra terra: Salvini ha subito il diktat del primo partito della coalizione e si è piegato su ogni punto pur di afferrare il bersaglio grosso, quello cui è destinato Stefani.

Zaia riassume il proprio malessere con poche parole che paiono una dichiarazione di guerra: "Forse io e il mio cognome siamo diventati un problema per qualcuno. Vedremo di farlo diventare un problema reale".

La penalizzazione è stata troppo forte. Il poker di dinieghi ha rovinato l'umore al governatore che ora mischia propositi bellicosi a buone intenzioni da soldato obbediente, nella consapevolezza che la ferita non può diventare uno strappo. "Sicuramente - spiega il Presidente del Veneto - Alberto Stefani ha tutto il mio sostegno. Benissimo la candidatura di Stefani - insiste Zaia - si va avanti su Stefani, è un ragazzo in gamba".

Resta però il tema di fondo: Zaia avrebbe stravinto da solo, con percentuali forse superiori al 40 per cento, ora si ridurrà a fare il capolista nelle Province. Una consolazione che assomiglia ad uno sberleffo. E il retropensiero della base leghista è fin troppo evidente: perché trasformare un successo a colpo sicuro, o se si preferisce a porta vuota, in una via crucis per la Lega?

Altre considerazioni vengono da sé: si dà per certo che FdI avrà i cinque assessorati chiave, a cominciare dalla strategica sanità, nella più che probabile giunta Stefani; ancora, si dà per persa, quando sarà, la Lombardia, moneta di scambio per salvare il Veneto, terra simbolo dei Nordisti, ritenuto incedibile da via Bellerio.

E così si torna al punto di partenza.

Alla frustrazione dei militanti e al disagio di Zaia che tace ma, assicurano i suoi, farà una campagna per Stefani memorabile. Insomma, diventerà davvero un problema per gli altri. "Zaia è un maestro - assicura l'allievo che sta per prendere il suo posto - lavorerò in continuità".

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