«Sala paghi due milioni» Per la Corte dei conti già colpevole per Expo

I magistrati contabili contestano al sindaco un danno erariale per gli appalti senza gara

«Palese difetto dell'economicità»: il processo a Beppe Sala non è ancora cominciato, ma c'è chi lo considera già colpevole. Per il sindaco di Milano, imputato di falso e abuso per gli appalti dell'Expo 2015, ieri doveva essere una giornata tutto sommato tranquilla: l'udienza preliminare a carico suo e di altri sei manager dell'esposizione universale, doveva limitarsi ad affrontare questioni procedurali, senza entrare nel merito delle accuse. Ma sullo scenario fa irruzione l'iniziativa della Corte dei Conti, che senza aspettare l'esito dell'indagine chiede a Sala, a due del suo staff dell'epoca e a due aziende di risarcire i danni che le casse pubbliche avrebbero subito a causa degli appalti assegnati senza gara per il verde all'interno di Expo: 2 milioni e 274 mila euro il conto totale.

È una iniziativa a sorpresa, che piomba in un momento delicato della complessa vicenda giudiziaria a carico del primo cittadino milanese, e riguarda vicende che erano già passate sotto la lente della Procura della Repubblica senza che vi fossero ravvisati reati. A chiedere l'impeachment di Sala, dopo avere avocato l'inchiesta, è stato il procuratore generale Roberto Alfonso. Contro i metodi impiegati da Alfonso, i legali di Sala sono andati più volte all'attacco, e anche ieri ribadiscono che a loro avviso il pg ha tracimato dai suoi limiti, contestando nuovi reati. Di fatto, l'iniziativa della Corte dei Conti porta acqua al mulino dell'accusa e indebolisce la posizione del sindaco.

È interessante notare che il provvedimento a carico del sindaco era pronto già dall'11 gennaio ma è rimasto nei cassetti della Corte dei Conti oltre due settimane, e così è deflagrato a ridosso dell'udienza preliminare. Ancora più interessante è notare che il magistrato della Corte dei Conti che accusa Sala, il procuratore Salvatore Pilato, è una vecchia conoscenza del procuratore generale Roberto Alfonso. Entrambi hanno prestato a lungo servizio a Bologna, dove Alfonso incriminò sia il sindaco Guazzaloca che il presidente della Regione Vasco Errani, entrambi poi assolti. Regolarmente, alle inchieste penali di Alfonso facevano seguito le inchieste contabili di Pilato. Ora i due sono approdati a Milano, e lo schema si ripete.

Nelle 14 pagine della «Contestazione di responsabilità», «rilevato che allo stato degli atti sussiste danno erariale nella misura di euro 2.274.206,43», a Sala vengono dati 45 giorni di tempo per presentare le sue spiegazioni. La contestazione è basata essenzialmente su un audit, un controllo interno ad Expo, realizzato da una società esterna, la Sernet: secondo cui l'importo di 4 milioni e 300mila euro pagato alla Mantovani spa per l'acquisto e l'installazione delle «essenze arboree» era sovrastimato. Calcolando il costo degli alberi, l'installazione e il profitto di impresa, si potevano spendere al massimo due milioni e spiccioli. Il resto è stato uno spreco, e Sala deve risarcirlo di tasca propria.

Chi ha lavorato in Expo in quei mesi convulsi, in cui davanti all'incubo di non aprire in tempo l'esposizione non si andava tanto per il sottile, ricorda che nel vertice di Expo sedeva proprio un magistrato della Corte dei Conti. E allora non ebbe nulla da ridire.

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