Nonostante le molte incomprensioni, non solo politiche ma pure umane, Umberto Bossi non sembra avere dubbi. E assicura che no, Matteo Salvini «non ha alcuna intenzione di liquidare la Padania», anzi che «ce l'ha nel cuore» perché «ai comizi ne parla ancora accalorato». Così risponde il Senatùr a chi in Transatlantico gli fa notare come sotto la segreteria Salvini si vadano dismettendo alcuni dei simboli del recente passato della Lega. Se nel 2014 è toccato a Telepadania (a luglio) e al quotidiano La Padania (a novembre), nel 2015 rischia di essere la volta di Radio Padania Libera, storica emittente leghista gravata da un rosso di 958mila euro (contro i soli novemila euro di passivo del 2013).
Mentre il Carroccio investe energie e disponibilità per allargare la sua base di consensi oltre il Po, sembra dunque finire in soffitta quello che fino a pochi anni fa era il sogno della Lega, con qualche mal di pancia da parte dei militanti della vecchia guardia. Sono loro, infatti, a non vedere di buon occhio la discesa verso Sud, destinata - questa è l'obiezione - a stravolgere la ragione sociale di un movimento nato per tutelare gli interessi del Nord e - appunto - della mitica Padania in particolare. Se a questo si aggiunge Salvini che durante un incontro pubblico a Roma con Maurizio Gasparri, Raffaele Fitto e Andrea Ronchi si fa fotografare con la t-shirt «SPQR non si tocca!» ecco che l'insofferenza non fa che aumentare. Al punto che in Transatlantico la maglietta filoromana ieri era motivo di ironia nei confronti di alcuni deputati leghisti.
Tutte obiezioni, queste, che Salvini conosce bene. In buona parte le comprende anche, ma continua a pensare che allargare la base potenziale dell'elettorato leghista sia un'operazione necessaria per uscire dalla ridotta padana. È il progetto della cosiddetta Lega 2.0 che può anche fare a meno dei media tradizionali ma non certo dei social network , Facebook e Twitter in particolare, su cui il segretario del Carroccio ha concentrato energie e disponib ilità. Oltre che, ovviamente, la televisione dove Salvini è praticamente onnipresente.
Detto questo, il segretario della Lega a Radio Padania ci è cresciuto (come peraltro al quo tidiano La Padania dove ha iniziato a scrivere nel '97) e l'ha pure diretta dal 2006 al 2013. Ragione per cui in molti si aspettano che il leader del Carroccio si faccia carico della vicenda. Sulla quale si scontrano due diverse correnti di pensiero: quella di chi in via Bellerio vorrebbe vendere le frequenze e quella di chi invece immagina un rilancio dell'emittente. Tra i primi ci sono alcuni noti colonnelli della Lega, che questa estate sono stati piuttosto attivi nel cercare di dar vita ad una cordata di liquidatori per piazzare le 130 frequenze della radio che sono sparse per tutta Italia - fino alla lontana Sicilia passando per la Sardegna - e che valgono alcuni milioni di euro (c'è chi dice addirittura dieci). Tra i secondi, invece, c'è sicuramente Bossi, convinto che «la vendita non è una soluzione» nonostante la radio non incassi più il finanziamento pubblico.
Ed è questo uno dei nodi centrali della vicenda, visto che - come ricorda il Senatùr - fino al 2013 l'emittente «ha beneficiato di ingenti contributi dello Stato».
Salvini, insomma, paga da una parte l'eredità di una gestione non troppo oculata negli anni delle vacche grasse e dall'altra la fine del finanziamento pubblico all'editoria. Colpe non certo sue che della Lega è segretario dal dicembre 2013. È a lui, però, che adesso spetta sbrogliare la vicenda.
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