Salvini e Berlusconi "stupiti" dal no di Palazzo Chigi a un governo bis senza i grillini. "È vittima del Pd"

L'avvicinamento al voto di fiducia, visto dall'angolo visuale del centrodestra, somiglia a un sentiero che si restringe ora dopo ora

Salvini e Berlusconi "stupiti" dal no di Palazzo Chigi a un governo bis senza i grillini. "È vittima del Pd"

L'avvicinamento al voto di fiducia, visto dall'angolo visuale del centrodestra, somiglia a un sentiero che si restringe ora dopo ora. Una escalation di tensioni, incontri, colloqui e segnali lanciati verso Palazzo Chigi che si infrange prima contro l'asprezza della risposta data in aula da Mario Draghi alle questioni sollevate da sovranisti e moderati. Poi contro la conferma da parte del presidente del Consiglio dell'intenzione di lasciare la porta aperta a tutti e di non assecondare la richiesta avanzata da giorni da Lega e Forza Italia: escludere Giuseppe Conte e i Cinquestelle dal governo.

La delusione e il disappunto del centrodestra di governo si concentrano soprattutto sui contenuti del discorso pronunciato dal premier, ma anche sulla decisione di mettere la fiducia «come se nulla fosse accaduto e nulla gli fosse stato chiesto dalle forze politiche che lo hanno sempre correttamente appoggiato».

Il sipario cala definitivamente a metà pomeriggio quando il centrodestra di governo con una nota argomenta le proprie ragioni, non nascondendo più il disappunto. Una ricostruzione che serve a marcare il proprio dissenso e a spiegare cosa li porterà a non appoggiare la risoluzione di Pierferdinando Casini e a optare per la non partecipazione al voto.

«Forza Italia, Lega, Udc e Noi con l'Italia» si legge nel comunicato «hanno accolto con grande stupore la decisione di Mario Draghi di porre la questione di fiducia sulla risoluzione presentata da un senatore - Pierferdinando Casini - eletto dalla sinistra». «Silvio Berlusconi questa mattina aveva comunicato personalmente al Capo dello Stato e a Mario Draghi la disponibilità a sostenere la nascita di un esecutivo da lui guidato e fondato sul nuovo patto che proprio Draghi ha proposto in Parlamento. La nostra disponibilità è stata ufficializzata nella proposta di risoluzione presentata dal centrodestra di governo», quella che chiedeva un «patto» per un nuovo esecutivo, profondamente rinnovato, senza il Movimento Cinquestelle.

Poco prima, in un nuovo vertice andato in scena a Villa Grande - il vero quartier generale delle forze di centrodestra durante questa crisi - i leader avevano prefigurato i due possibili scenari con cui fare i conti: un governo tecnico oppure il voto anticipato. Certo l'opzione primaria sarebbe stata quella di un nuovo esecutivo senza i Cinquestelle. Una soluzione prospettata da Silvio Berlusconi in due colloqui telefonici avuti con il premier Draghi e con il presidente della Repubblica Mattarella. Ma il semaforo rosso fatto scattare dal premier rispetto a qualunque ipotesi di mediazione ha fatto cadere questa possibilità.

«Noi crediamo nel direttore d'orchestra, non negli orchestrali stonati» ribadisce in aula Annamaria Bernini. «Draghi e l'Italia sono state vittime della follia dei 5Stelle e dei giochini di potere del Pd» dice Matteo Salvini, aprendo la riunione con i parlamentari della Lega alla Camera, a cui comunica che ora «inizia la campagna elettorale». Berlusconi e Salvini fanno sapere di essere pronti sia ad andare al voto a ottobre sia alle elezioni all'inizio dell'anno prossimo qualora si arrivasse a un governo tecnico (i nomi che circolano sono sempre quelli del ministro dell'Economia Daniele Franco e di Giuliano Amato) chiamato a firmare la Finanziaria. La preferenza dei leader, però, è chiara: il centrodestra a questo punto vuole le urne, se possibile nella data del 2 ottobre, senza ulteriori rinvii. E su questo già si comincia a lavorare rilanciando la coalizione. Non è un caso che poco dopo le 16 Matteo Salvini faccia sapere che nelle ore calde della crisi ci sono stati «ripetuti contatti» con Giorgia Meloni e che subito dopo il voto in Senato, la leader di Fratelli d'Italia si senta al telefono con Berlusconi.

Non mancano gli strascichi dovuti alla decisione di non votare la fiducia al governo. Mariastella Gelmini, da tempo attestata su una linea distante da quella di Forza Italia, alla fine del dibattito in aula si scontra con Licia Ronzulli. «Il ministro si è alzata dai banchi del governo, si è avvicinata ai banchi dei senatori di Forza Italia dove erano seduti Gallone, Toffanin e puntando il dito li ha accusati di volere la caduta del governo, per seguire la linea della Ronzulli. In realtà le cronache testimoniano il mio costante impegno per trovare una soluzione di continuità, e di ciò sono testimoni decine di persone» racconta Licia Ronzulli.

«Le ho consigliato di assumere uno Xanax e che la linea a noi la dà solo e unicamente Berlusconi». In serata arriva anche l'annuncio ufficiale dell'addio di Mariastella Gelmini. «Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni».

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