I due hanno ingaggiato un duello a base di «il tuo piano è finito nel cestino» e «tu vuoi fare il Papeete 2», ma dietro il battibecco tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio c'è uno scontro politico più profondo, tutto italiano, in cui la guerra in Ucraina è solo un casus belli e l'orizzonte sono le prossime elezioni politiche. Un appuntamento a cui i due ex golden boy del governo gialloverde rischiano di arrivare in affanno, alle prese con due partiti, la Lega e il M5s, che sono attraversati da rivalità e spaccature. E così Salvini sferza i moderati del Carroccio insistendo con una pace da cercare a Mosca, senza paura di rivendicare apertamente i «contatti con Lavrov», anzi considerando un incontro con il ministro degli Esteri russo come un grimaldello decisivo per la tregua. Di Maio, invece, che gode di migliore salute politica rispetto al rivale interno Giuseppe Conte, continua nel suo lavorio di accreditamento nella veste di titolare della Farnesina impeccabile, governista, atlantista. A volte perfino più realista del re, sempre in sintonia con il premier Mario Draghi.
Infatti, prima del botta e risposta di giovedì, era stato Di Maio a dismettere la grisaglia per rispondere alle tentazioni moscovite di Salvini. «Con Putin ci parla Draghi», il commento a caldo del ministro degli Esteri di fronte alle polemiche sull'idea del leader leghista di una missione diplomatica nella capitale della Russia. Una replica tempestiva, che ha assunto un significato ancora più importante rispetto al silenzio di Conte, che nelle prime ore si era mostrato tentennante nel controbattere al segretario della Lega desideroso di andare a Mosca per tessere la tela della pace, o quantomeno di un cessate il fuoco.
Il ministro grillino sembra parlare a nuora perché suocera intenda. E la suocera è Conte, tacciato in alcuni ambienti dei Cinque Stelle di avere l'obiettivo di buttare giù il governo Draghi con la presunta complicità di Salvini. «Conte vuole riprovare con lo schema del Quirinale, quando ha giocato di sponda con Salvini per eleggere la Belloni», commenta con Il Giornale una fonte di primo piano del Movimento. Tra i pentastellati in Parlamento, negli ultimi giorni, si è fatto più forte lo spauracchio del voto anticipato. Tanto che, secondo chi tiene il pallottoliere degli scontenti, circa trenta parlamentari starebbero pensando di fare le valigie da qui alla fine dell'estate. La certezza è quella di non essere ricandidati da Conte, la speranza è di trovare un posto al sole in un altro partito in vista delle elezioni. Nel M5s in molti hanno notato come il commento dell'ex premier sul viaggio di Salvini sia stato più morbido rispetto agli affondi di Di Maio. «Se Salvini non si coordina con il governo rischia di creare intralci», si è limitato a dire l'avvocato.
Il leader della Lega, da par suo, nonostante le perplessità di Giancarlo Giorgetti, ha rilanciato sulla bontà delle sue intenzioni. Andando all'attacco di Di Maio. «Il ministro degli Esteri italiano ha presentato uno pseudo piano di pace che non si sa in quale cestino sia finito, avessimo un ministro degli Esteri operativo e credibile, ma non mi sembra che in tutti i paesi del mondo sia ritenuto tale», la sciabolata di Salvini.
«Sembra un film già visto, quando fece cadere il governo Conte I iniziò a criticare i vari ministri fino a staccare la spina, è l'antipasto del Papeete 2», la stoccata di Di Maio, che con un occhio guarda al Papeete di Conte.
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