L'ottimismo della mattina sfuma nella delusione in serata. Matteo Salvini pensava di avere la soluzione in tasca e l'uscita di Luigi Di Maio a Palazzo Giustiniani lo spiazza completamente.
«Il governo si fa con tutto centrodestra. Non è che uno sceglie di andare solo con la Lega», replica da Isernia, dov'è per chiudere la campagna elettorale del Molise. Ribadisce che la coalizione non si rompe e che la Lega non farà accordi separati, né lui sarà il secondo di un premier grillino. «Vedo questi giochini, gente che tira in lungo. La gente ha fretta, le aziende chiudono, le tasse sono ancora troppo alte. Non mi interessano le logiche politiche: o si fa un tavolo centrodestra-M5s o non ho più tempo da perdere. Io ci proverò fino alla fine e se serve mi metto in campo direttamente io». Pensa a fare lui stesso un governo, ad un pre-incarico? Finora non prendeva in considerazione l'idea di un governo di minoranza per cercare voti in Parlamento, suggerita da Silvio Berlusconi, ma poco gradita al Quirinale.
Però ora la doccia fredda induce Salvini a buttarsi avanti: «Se non si nuove nulla andrò avanti io. C'è una vecchia regola che consiglia ai leader di uscire per ultimi per non bruciarsi. A me non interessa, perché il nostro Paese deve avere un governo». Certo, «ogni giorno sorgono nuovi ostacoli» e i 5Stelle «sono ballerini», Di Maio «a giorni alterni vuole allearsi con la Lega e con il Pd». Comunque, lui «governicchi per il tirare a campare» non ne fa: «In quel caso, è meglio andare a nuove elezioni».
La strada sembra ardua per il leader della Lega, forse per lui la partita con i 5Stelle non è chiusa. «Non interpreto i pensieri degli altri - dice -, continuo a sperare che si riconosca il voto degli italiani che hanno scelto l'intero centrodestra come vincitore». E insinua il sospetto che «qualcuno, da tutte le parti, non abbia la nostra stessa voglia di far ripartire il governo» e spinga per «l'ennesimo governo tecnico che spenna gli italiani».
Certo Salvini proprio non si aspettava il voltafaccia di Di Maio. La mattina, in lunghe telefonate, gli era sembrato più disponibile, gli aveva fatto sperare molto. Tanto che a Palazzo Giustiniani Matteo era arrivato tutto contento e nell'anticamera della presidente del Senato Elisabetta Casellati ad un Berlusconi molto scettico e a Giorgia Meloni il leader del Carroccio aveva raccontato: «Di Maio è pronto ad ammorbidire la linea e a far cadere i veti. Ho buone aspettative che riconosca la dignità di tutte le forze della coalizione. Si siederà al tavolo con noi per discutere di programma, poi si parlerà di premier e ministri. Ora è richiesto a tutti un atto di responsabilità». Già prima, per telefono, aveva annunciato che qualcosa finalmente si stava muovendo nel mondo grillino. E poi lo aveva detto al mondo intero, all'uscita da Palazzo Giustiniani. «Ieri (mercoledì, ndr) siamo usciti con gli schiaffoni, oggi (ieri, ndr) invece siamo usciti con i sorrisi: metà dell'opera l'abbiamo fatta, l'altra metà la facciamo settimana prossima». E ancora: «Segnali da M5S? Sì, confidiamo in quel che dirà Di Maio e che anche i 5Stelle vogliano un governo votato dagli italiani. Speriamo che oggi (ieri, ndr) sia il giorno buono». Su Twitter: «Via i veti, e si parte! #andiamoagovernare».
Il capogruppo leghista al Senato Centinaio spiegava che c'era da «verificare la compatibilità del programma» e il coordinatore di Fdi Guido Crosetto annunciava «delle novità». La sera, a salvini è tornata in mente la frase detta ad inizio giornata: «Dipende dai 5Stelle come si alzano la mattina e dal loro umore». Si sono alzati male.
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