In un venerdì di ordinaria follia caratterizzato dalla lettera «fantasma» di risposta alla Commissione Ue, dalla nuova impennata dello spread e dal severo richiamo del governatore di Bankitalia, il vicepremier Matteo Salvini non poteva restare in silenzio. Ai moniti di via Nazionale ha risposto rilanciando su quella che è diventata la priorità programmatica numero uno, rilevando che anche Ignazio Visco «ha parlato della necessità di uno choc fiscale» e che «la flat tax è la prima proposta che governo e Parlamento dovranno discutere».
Fonti parlamentari della Lega hanno anticipato che la road map prevede una revisione delle aliquote Irpef del 41 e del 43% per le fasce alte che potrebbero negli anni successivi scendere prima al 38% poi tra il 30 e il 35. E sul tavolo poi ci sono la proroga della pace fiscale, gli aiuti alle imprese in crisi e la lotta all'evasione. Potrebbe arrivare inoltre un provvedimento governativo sulla possibilità di applicare le sanzioni per quegli esercenti che non utilizzano il Pos, introducendo la novità di eliminare ogni tipo di commissione.
Dinanzi a questa volitiva presa di posizione i Cinque stelle non hanno opposto formalmente nessuna resistenza. «La proposta della Lega di finanziare in deficit la flat tax ci trova favorevoli. A maggior ragione se, come apprendiamo, Tria già condivide questa idea: ben venga il regime fiscale al 15% per i redditi fino ai 65.000 euro», hanno replicato fonti parlamentari. Questi entusiasmi sono stati smorzati dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che non intende, evidentemente, fare da notaio e ha rivendicato il proprio ruolo. «Non discuto adesso davanti ai giornalisti di come si farà la flat tax: un progetto di flat tax non è ancora arrivato a Palazzo Chigi», ha dichiarato aggiungendo che «prima dobbiamo chiarire le premesse per poter continuare il cammino del governo con chiarezza e determinazione».
Questo stop preventivo ha ravvivato l'opposizione interna degli M5s. I parlamentari delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera hanno ribadito che «reddito di cittadinanza e quota 100 non si toccano: in questo senso vogliamo abbassare presto le tasse a famiglie e imprese e siamo sicuri che la Lega non voglia tagliare il welfare per finanziare la flat tax» invitando il governo andare avanti «unito contro l'austerità». Si tratta, in realtà di una replica ai contenuti della bozza della lettera di risposta alla Commissione Ue. Nella missiva Tria specifica che «la riforma dell'imposta sarà realizzata fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo per il periodo 2020-2022».
Insomma, quei 30 miliardi necessari al taglio universale dell'aliquota Irpef dovrebbero essere reperiti mediante coperture vere e non teoriche. E poiché la missiva lascia trasparire la volontà di ridefinire i confini delle politiche di welfare, i grillini sono andati in cortocircuito. «Tria ha gettato la maschera. Per fare la flat tax saranno tagliati welfare, detrazioni e servizi sociali. È questo il governo del cambiamento?», ha affermato il senatore del Pd Edoardo Patriarca.
Come ha spiegato il direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica, Carlo Cottarelli, commentando le tesi del governatore Visco, «il sistema della tassazione in Italia è estremamente complesso e va senza dubbio semplificato», ma «per quanto riguarda la flat tax,
bisogna soprattutto vedere in che misura cambierebbe la progressività e analizzarne i costi». Senza solide basi, infatti, una crisi da spread rischierebbe di azzerare tutti i benefici di un abbassamento della pressione fiscale.
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