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Salvini sulla graticola per il caso Russiagate C'è una supertestimone

Interrogata dai pm di Milano reporter della Tass. Nel mirino anche conversazioni spiate

Salvini sulla graticola per il caso Russiagate C'è una supertestimone

S ospesa da mesi tra l'intrigo internazionale e la Totòtruffa, la vicenda degli affari leghisti in terra di Russia torna bruscamente al centro dell'inchiesta della Procura della Repubblica milanese. Ad aprire nuove prospettive è una superteste individuata dai pm scavando nel sottobosco di relazioni che Gianluca Savoini, l'emissario a Mosca di Matteo Salvini, aveva tessuto e messo a frutto. Si chiama Irina Aleksandrova, di mestiere fa la giornalista alla Tass, lavora in patria, avrebbe potuto recalcitrare davanti alla richiesta degli inquirenti italiani di sentirla. Invece giovedì sera si materializza in Procura e risponde a lungo alle domande dei magistrati. Delle attività del Carroccio in Russia, d'altronde, la Aleksandrova sa parecchio: il 16 luglio 2018 era presente all'incontro di Salvini con la stampa locale, e alla fine della conferenza stampa prese la parola per ringraziare Savoini e la sua associazione Lombardia-Russia per avere organizzato l'incontro.

L'inchiesta, che era sembrata battere la fiacca, con l'interrogatorio della Aleksandrova riparte e accelera. I tempi, tengono a sottolineare in Procura, sono stati quelli inevitabili di analisi delle carte acquisite sugli affari di Savoini e degli altri partecipanti al summit del 18 ottobre 2018 all'Hotel Metropol della capitale russa. Nessuna intenzione di interferire con le elezioni imminenti: e d'altronde, si sottolinea, non ci sono esponenti leghisti indagati. A parte Savoini, che è certamente (o è stato) uomo di fiducia di Salvini ma non ha alcun ruolo dirigenziale nel partito.

Ma è un dato di fatto che la ripartenza dell'indagine apre nuovi scenari che potrebbero creare grattacapi a Matteo Salvini, già alla prese con la richiesta di impeachment per il caso della nave Gregoretti. L'interrogatorio della reporter moscovita - compiuto dai pm Sergio Spadaro e Donata Costa e subito secretato - d'altronde non è l'unico elemento nuovo acquisito dagli inquirenti. Non senza fatica, gli specialisti di indagini informatiche stanno venendo a capo dei cellulari sequestrati a Savoini e agli altri due italiani del Metropol, l'avvocato Gianluca Meranda e l'ex bancario Francesco Vannucci. Da uno di questi sono saltate fuori una ventina di registrazioni di conversazioni precedenti e successive all'incontro nell'hotel, registrate dal proprietario del telefono. Il quale (dovrebbe trattarsi di Meranda) ha utilizzato una app di facile reperibilità ma non semplice da scassinare senza conoscere le password. Alla fine il pool informatico della Procura è riuscito nell'impresa. E i file audio sono andati a ingrossare il materiale, già assai corposo, a disposizione dei pm.

Sulla utilizzabilità degli audio, in qualunque modo acquisiti, gli inquirenti si sentono tranquilli, perché hanno già ricevuto un'importante via libera dalla Cassazione che ha ritenuto legittima l'intercettazione dell'incontro al Metropol.

Ma sullo sfondo rimane un dato per ora insormontabile: il colossale import di prodotti petroliferi organizzato dal trio Savoini-Meranda-Vannucci non è mai avvenuto.

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