Salvini, svolta al governo. Via gli amici condannati e riapre i porti ai migranti

Accoglie le dimissioni di Rixi e loda la Marina che salva immigrati in Libia (e li porta in Italia)

Salvini, svolta al governo. Via gli amici condannati e riapre i porti ai migranti

Di Maio e i grillini? Salvi a metà. Anzi: Salvini, piuttosto. Così come un governo che sta sull'avviso, attaccato alla bombola d'ossigeno che il capo leghista generosamente elargisce. Le dimissioni del viceministro della Lega coinvolto in «spese pazze», Edoardo Rixi, arrivano in «un secondo e mezzo» e il vicepremier le accetta - come se fosse lui il premier, accusa la Sinistra con Scotto - per spirito di servizio. «Lo ringrazio per l'incredibile lavoro svolto - dice Salvini -. Da tempo ho nelle mani le sue dimissioni, che accetto unicamente per tutelare lui e l'attività del governo da attacchi e polemiche senza senso». D'altronde, osserva il titolare del Viminale, «trovo incredibile che ci siano spacciatori a piede libero, e sindaci, amministratori e parlamentari accusati o condannati senza uno straccio di prova».

Ribalta perciò sugli alleati anche il doveroso rispetto dei patti, perché «se 37 deputati dei 5s sono usciti sul caso Rixi richiamandosi al contratto, anche sulla flat tax si applicherà lo stesso contratto». Accade anche quando traccia le linee economiche, ritenendo «assolutamente fondamentale, utile, vantaggioso e doveroso completare la Tav». Il Salvini che attende con pazienza e tolleranza la riabilitazione sulla piattaforma Rousseau «con una marea di sì» dell'amico ritrovato Luigi (Di Maio), non strepita più neppure per il salvataggio di un gommone di migranti da parte di una nave italiana, che li sbarcherà a Genova. Magnanimo, a margine del quetion time in Senato, spiega che «la Marina Militare salva vite perché è il suo mestiere, senza perdere una frazione di secondo. Questo non va messo in discussione, non accetto che certi organi di stampa diano più credito alle insinuazioni delle Ong che alla Marina Militare. Poi quelle vite salvate in acque libiche andrebbero riportate in Libia, ma è un'altra questione e ci lavoriamo costantemente».

Quello che si vede a Palazzo Madama è forse un Salvini con il quale ci si dovrà abituare a convivere. Snobba il consiglio dei ministri, perché «sono qui in Senato, mica posso stare in due posti contemporaneamente, non ho il dono dell'ubiquità». Dà le pagelle ai ministri, in quanto «è chiaro che con Trenta e Toninelli ci sono dei problemi». Esplicitamente suggerisce anche al premier di provvedere a colmare lacune organizzative, visto che «l'assenza del ministro alle Politiche comunitarie è una cosa bizzarra che non fa bene al Paese: ne parlerò con Conte». Lui, di Conte, invidia all'Inter di aver preso quello giusto. Ma poi ci ripensa, magnanimità canaglia: «Ho fiducia in Conte, chiunque sia e qualunque lavoro faccia...». Continua invece a sprizzare sarcasmo con i nemici della sinistra, che si annidino tra gli alleati di governo («Invidio Di Battista, farei volentieri il cambio con lui, sicuramente la sua qualità della vita è migliore») oppure siano vecchi nemici della Lega, come ha strepitato a proposito del ritorno di Gad Lerner in Rai. Li vorrebbe mandare tutti in onda «a reti unificate: Lerner Fazio e Santoro. Così la Lega arriva al 52%».

È tornato in forma, Matteo, dopo i tempi bui dell'abbandono della Isoardi, delle cene con i ravioli e un bicchiere di vino, le frettolose colazioni pane e nutella. «Ho perso sei chili in campagna elettorale, conto di riprenderli prima di una nuova campagna elettorale.

Il governo ha tanto da fare, non sono quello che ha voglia di far saltare il tavolo e tornare a fare un'altra». Ennesimo segnale che bisogna andare avanti perché s'è perso tempo: sulla prateria ora salterellano tanti grillini da mettere in rete. Quella vera, quella di nylon.

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