Salvini vede Draghi e ricuce lo strappo "Da oggi incontri ogni settimana". Pd e M5s furibondi

Il leghista strappa l'impegno a non aumentare le tasse. Il sogno dei dem resta quello di uno strappo del leader leghista.

Salvini vede Draghi e ricuce lo strappo "Da oggi incontri ogni settimana". Pd e M5s furibondi

Tutto risolto, come se non fosse successo nulla. In realtà il premier Draghi, nell'incontro con Salvini, non ha fatto altro che ripetere quello che aveva già detto, cioè che «questo governo non aumenta le tasse». Ma tanto basta perché il leader della Lega - che aveva ritirato i suoi ministri dal Cdm e chiesto «impegni scritti» da Draghi -, esca da Palazzo Chigi soddisfatto dal «clima cordiale e costruttivo» e dall'impegno (non scritto) del premier «affinché non ci siano aumenti di tasse». Quindi cosa ha portato a casa, in più, la Lega, dopo due giorni di tensioni? Di concreto, sul tema fisco, niente. Con Palazzo Chigi - spiegano dalla segreteria leghista - si sta lavorando per arrivare a un punto di equilibrio, si valutano diverse strade «per evitare che anche in futuro ci siano aumenti di tasse». Insomma lo strappo è rientrato, ma la soluzione della questione fisco e catasto all'orizzonte ancora non c'è.

Quello che però i fedelissimi di Salvini sottolineano come il vero risultato di ieri è l'apertura del premier a incontrare il leader della Lega ogni settimana, così da dargli «ancora più centralità e protagonismo» dicono i suoi, oltre a evitare «malintesi», aggiungono. E permettere a Salvini di instaurare un rapporto diretto con Draghi, non più mediato dai suoi ministri (soprattutto Giorgetti), gli unici che vanno ai Cdm, mentre i segretari di partito non partecipano neppure alla cabina di regia. Ora invece Salvini dialogherà direttamente con il premier. «È un segnale di apertura verso Matteo e verso le richieste della Lega, come dimostra infatti quello che stato deciso sull'estensione della capienza nelle discoteche al 50% e al 75%» racconta fuori dai microfoni un big leghista. Quella sulle discoteche infatti è una battaglia della Lega (del ministro Giorgetti sopratutto), ed è passata. Un segnale positivo che convince Salvini a fidarsi dell'impegno di Draghi sulla durata dei tamponi e anche, soprattutto, sulle tasse. «I giornali scrivano ciò che vogliono: un rapporto leale, franco e diretto risolve ogni problema e trova soluzioni» twitta Salvini, che dopo il faccia a faccia con il premier si è intrattenuto nel cortile di Chigi con i suoi ministri. Molto sereno e di buon umore, raccontano.

Nel tira e molla leghista il Pd vede invece «sempre il solito film, racconta al paese una storia poi va a Palazzo a Chigi e tutto torna come prima. Ormai è anche stancante commentare questo teatrino» commenta il segretario Enrico Letta. Il sogno proibito dei dem, infatti, è che il teatrino salti e Salvini rompa veramente. Insomma un Papeete bis, magari non in spiaggia vista la stagione, ma con l'identico risultato, una crisi di governo e l'uscita della Lega dalla maggioranza. Per poi crearne subito un'altra, quella del secondo governo Conte, Pd-M5s, con l'aggiunta di Forza Italia. Ci sperano però, a cominciare da Letta che in più occasioni ha commentato le posizioni della Lega con un «così si mette fuori dal governo» o simili. Ma i più infervorati sono naturalmente quei Dem che credono nell'abbraccio con quel che resta dei grillini e del loro leader per caso, Giuseppe Conte. Un'area rappresentata dal gran tessitore del Conte bis (e del mai nato Conte ter), Goffredo Bettini. Il quale infatti nelle interviste si dice convinto di quello che è un suo auspicio, cioè che «la Lega strapperà, è nella logica delle cose». È la segreta speranza anche di Giuseppe Conte, fuori dai giochi con un M5s ai minimi termini, per lui l'uscita di Salvini dalla maggioranza sarebbe una botta di fortuna (segretamente Conte sogna di tornare a Palazzo Chigi, col sostegno del Pd). E infatti il leader grillino prevede nero: «Se la Lega va avanti così c'è il rischio di una crisi di governo». Però Conte conosce bene la tattica salviniana del tira e molla: «Non so cosa voglia dire per Salvini tutto chiarito, è difficile fidarsi di Salvini». Il rischio, per Conte, è che la Lega non esca affatto dal governo. Il paradosso è che i due partiti, Pd e M5s, che non volevano Draghi ma il terzo governo Conte, si presentano come i baluardi del governo Draghi.

Mentre la Lega, tra i principali sponsor (sopratutto l'ala di Giorgetti) dell'arrivo dell'ex presidente Bce, passano per quelli anti-governativi. Un'ambiguità che Salvini continua ad alimentare, ma che non scalda i cuori dell'elettorato leghista al nord, dove Draghi è apprezzato. Ma almeno fa sognare un Papeete bis agli «alleati» del Pd e M5s.

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