Quando ha visto i familiari con quella corda in mano Saman deve aver tremato come una foglia. Avrà intuito subito che si stava materializzando quell'incubo che per anni l'aveva torturata. I parenti, che non erano riusciti a piegarla, stavano per ucciderla.
Il 30 aprile 2021 Shabbar avrebbe chiesto alla moglie di fare una camminata con la figlia vicino casa. Lui le avrebbe seguite e una volta superate le serre - non è chiaro quali - le due sarebbero state raggiunte dallo zio Danish, dal cugino Ijaz e dall'altro Nomanhulaq.
Gli ultimi due hanno tenuto ferma la diciottenne pakistana, che piangeva, mentre lo zio Danish Hasnain la strangolava con una corda. Che dietro la scomparsa di Saman da Novellara non ci fosse un allontanamento volontario ma un omicidio, si era capito subito. Ma la conferma è arrivata quando il padre della vittima, Shabbar Abbas, fuggito in Pakistan, è stato intercettato mentre parlava al telefono con parente italiano confessando il delitto. Adesso la confidenza fatta dal cugino Ijaz, a un altro detenuto, che a sua volta ha riferito tutto alla polizia penitenziaria, fornisce i dettagli della morte della ragazza.
L'uomo ha raccontato che quella notte la madre, Nazia Shaheen, in preda a una crisi di pianto, veniva allontanata dal marito, mentre lo zio di Samanta stringeva quella corda forte al collo della nipote. I cugini la tenevano stretta. L'aiuto di una sesta persona, un uomo con il volto coperto da passamontagna mai menzionato prima, sarebbe stato determinante. Era stato preavvertito e sarebbe intervenuto subito, prendendo in mano le operazioni. Avrebbe aiutando Danish a finire Saman, a infilare il suo corpo in un sacco con gli altri, a caricarlo su una bici e, dopo averlo fatto a pezzi, a gettarlo nel Po.
Ma le dichiarazioni di Ijaz per i carabinieri di Reggio Emilia sono credibili solo in parte. È certo che i familiari della diciottenne fossero esasperati da suo comportamento, che faceva un vanto quasi della sua libertà. A far scattare la furia omicida, in particolare, ci sarebbe la foto condivisa sui social di un suo bacio con il fidanzato.
«L'ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore» ribadisce il padre in un'intercettazione agli atti del processo a carico dei cinque familiari, che partirà il prossimo febbraio.
Le confidenze di Ikram Ijaz, arrestato in Francia il 31 maggio 2021, sono state fatte in due occasioni e riassunte in annotazioni del 20 e del 29 ottobre di quell'anno. Nel primo caso, in cui aveva riferito di non aver preso parte all'omicidio commesso dai parenti ma di esserne a conoscenza da Nomanhulaq, ci sarebbero elementi depistanti. Il secondo, racconto invece per gli investigatori, è più realistico.
Sostiene che con e il padre di Saman sarebbe tornato indietro, mentre il personaggio misterioso, Danish e Nomanhulaq si sarebbero occupati di trasportare il cadavere smembrato verso il fiume su una bici, attraverso strade non coperte da telecamere e poco illuminate. Ijaz nel primo racconto parla di un punto sul Po, nella zona di Guastalla, nel secondo genericamente di fiume.
Le immagini della videosorveglianza dove si vedono lui, Danish e Nomanhulaq con gli attrezzi in mano il giorno prima della scomparsa di Saman, sarebbero state invece un depistaggio che faceva parte del piano. Di fatto i genitori restano i mandanti, anche se vengono indicati come partecipanti alle fasi esecutive, cosa che non sarebbe confermata dalle immagini delle telecamere.
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