Santanchè: «Tradì Berlusconi, per me è obiezione di coscienza» Malumori anche nel Pd ma alla fine passa la linea del sostegno

Santanchè: «Tradì Berlusconi, per me è obiezione di coscienza» Malumori anche nel Pd ma alla fine passa la linea del sostegno

RomaFibrillazioni, dubbi, mal di pancia, «obiezioni di coscienza» rispetto all'ordine di scuderia, contatti serrati interni ai gruppi, ambasciate tra schieramenti avversari. La mozione di sfiducia presentata da Sel e Movimento 5 Stelle e sposata con qualche distinguo dalla Lega - la firma in calce al testo dei leghisti alla fine non arriva, ci si limita ad appoggiarla in Aula - si trasforma in una sorta di cortocircuito politico, in cui si mischiano ragione e sentimento, opportunità politica e memoria di passati rancori.

L'onda di ribellione più alta si alza dentro Forza Italia. Il partito azzurro, letto il testo giudicato denigratorio verso le forze dell'ordine, dà l'indicazione di non appoggiare il voto anti-Alfano. Una scelta non facile a cui contribuisce la tessitura e la «moral suasion» messa in campo da alcuni esponenti di Ncd, in particolare coloro che hanno mantenuto buoni rapporti con gli ex colleghi Pdl e ora cercano di smussare i pericoli parlamentari per il loro leader. La decisione, però, non viene accolta con grande soddisfazione da parte dei deputati di Forza Italia. E in mattinata il passaparola interno al gruppo si traduce in quello che più di un parlamentare definisce un «comune sentire»: «Nel momento del bisogno di Berlusconi, Alfano si è tirato indietro. Meglio disertare l'Aula e non presentarsi al voto». Qualcuno ci mette anche la faccia. «Oggi per me è obiezione di coscienza» dice Daniela Santanchè. «C'è un problema politico irrisolto nei confronti di un uomo che ha tradito Berlusconi e ha provocato per interesse personale una scissione. E c'è un problema nel merito. Ancora una volta Alfano tenta di scaricare sulla polizia errori e incapacità solo suoi». Lo stesso fa Gabriella Giammanco: «A scanso di equivoci: oggi non voterò la fiducia». Dura anche Michaela Biancofiore: «Nessuna clemenza per chi ha tradito Berlusconi e da lui ha avuto tutto».

L'ipotesi che circola all'ora di pranzo è di lasciare in Aula una mini-pattuglia simbolica, 4-5 esponenti, capogruppo e segretario d'Aula in testa. Qualcuno chiede l'astensione. Durante la giornata Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Maurizio Gasparri si adoperano nel richiamare all'ordine i deputati. Ci sono anche altri fattori di rischio, tra cui il maltempo (e la partita della Roma). Ma alla fine il pressing interno al gruppo riesce ad assicurare un numero minimo di presenze, una decina quando in serata risuonano le dichiarazioni di voto, tra cui alcuni pugliesi vicini a Raffaele Fitto, anche per equilibri legati alle prossime Regionali.

Problemi simili vengono vissuti anche dentro il Pd, seppure con intensità notevolmente inferiore. Dalle parti del Nazareno non ci sono aperte dissociazioni. Piuttosto si temono i ranghi ridotti, le assenze strategiche, la diserzione dell'Aula.

L'unico che esce allo scoperto è Antonio Boccuzzi, ex operaio della ThyssenKrupp, così come non mancano le ironie sulla scelta del Pd firmate da Pippo Civati. La parola d'ordine interna, però, è semplice: «Consideratela come una fiducia al governo Renzi».

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