Sanzioni, Kim contro Trump "Gli Usa la pagheranno cara"

Le minacce del dittatore nordcoreano dopo il voto Onu La Casa bianca: «Pyongyang pericolo serio e diretto»

Sanzioni, Kim contro Trump "Gli Usa la pagheranno cara"

«L a vendetta sarà mille volte più grande». È questa la promessa riservata da Kim Jong Un agli Stati Uniti dopo l'adozione della risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu che stabilisce nuove pesanti sanzioni nei confronti della Nord Corea. Le misure restrittive sono il frutto di un «odioso complotto degli Usa per isolare e soffocare» Pyongyang, ma «non costringeranno mai il Paese a trattare sul suo programma nucleare», tuona il regime del giovane leader in un comunicato diffuso dall'agenzia di stato, Kcna. «Gli Usa pagheranno caro per gli odiosi crimini commessi contro il governo e il popolo», avverte Pyongyang, precisando che Washington «non potrebbe fare errore più grande di pensare che la sua terra sia sicura al di là dell'Oceano». Il regime vuole galvanizzare la popolazione e distoglierla da quelle che potrebbero essere le gravi ricadute economiche e sociali interne, per un popolo già piegato da una feroce dittatura, dalle sanzioni internazionali e da una crisi perdurante. A cui rischia di aggiungersi anche un deterioramento nei rapporti con i pochissimi alleati e partner su cui può contare la Corea del Nord, in primis la Cina, che questa volta ha deciso di appoggiare l'iniziativa americana. E da Manila, a margine del forum Asean, il ministro degli esteri di Pechino Wang Yi esorta Kim a rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite, a cessare le provocazioni e i test. Il collega nordcoreano Ri Yong Ho, invece, assicura che Pyongyang «è pronta a dare agli Stati Uniti una severa lezione». Yi precisa che il suo Paese non vuole usare le proprie armi nucleari contro nessuno «eccetto gli Usa», a meno che qualcun altro non si unisca all'iniziativa americana. Quindi ribadisce che il regime non metterà «in nessun caso» sul tavolo dei negoziati il suo arsenale nucleare: «Dalla nascita delle armi nucleari, è stato dimostrato che queste possono scoraggiare la guerra». Osservazioni che non sono piaciute al titolare della diplomazia americana Rex Tillerson, il quale ha lasciato la conferenza in anticipo per incontrare il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte. Il segretario di stato spiega come il primo e miglior segnale che la Corea del Nord potrebbe dare per dimostrare che è pronta a negoziare con gli Stati Uniti sarebbe quello di interrompere i lanci missilistici. Poi, «quando le condizioni saranno accettabili, potremo sederci e dialogare sul futuro» di Pyongyang. Nel frattempo il presidente Donald Trump ha parlato al telefono con Tillerson e il capo di gabinetto John Kelly per oltre un'ora sul dossier. E ha sentito anche l'omologo di Seul Moon Jae-in: in una dichiarazione congiunta i due leader hanno affermato che il regime di Kim «rappresenta una crescente minaccia, seria e diretta, contro gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone, così come contro gran parte dei Paesi nel mondo». Su Twitter, il tycoon si è detto «molto felice e impressionato dal voto 15-0 alle Nazioni Unite», facendo riferimento all'adozione all'unanimità della risoluzione sulle sanzioni. Proprio le misure restrittive promosse dagli Usa, però, secondo la Russia «non potevano rimanere senza risposta, e così sarà anche in futuro».

«Allo stesso tempo siamo pronti a normalizzare il dialogo», riferisce il ministero degli Esteri dopo l'incontro tra il capo della diplomazia di Mosca, Serghiei Lavrov, e Tillerson. Ma questo «nel caso in cui a Washington rinuncino alla linea di confronto».

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