Milano - La Procura di Busto Arsizio non si ferma, e mentre inizia ad analizzare le altre decine di cartelle cliniche sequestrate all'ospedale di Saronno, punta il dito contro il dirigente che considera il principale corresponsabile dei delitti di Leonardo Cazzaniga, anestesista del pronto soccorso. Michele Scoppetta era il direttore del pronto soccorso, e il giudice preliminare Luca Labianca, che ha ordinato l'arresto di Cazzaniga e della sua amante Laura Taroni, nei suoi confronti ha respinto invece la richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Procura. Ma il pm Maria Cristina Ria ha deciso di presentare appello al tribunale del riesame insistendo perché Scoppetta sia arrestato.
È una decisione significativa, perché dà il polso di quanto la pm sia intenzionata a scavare a fondo non solo sui deliri di Cazzaniga e della Taroni, sul viluppo di onnipotenza e di odio che li avrebbe portati a uccidere quattro pazienti e il marito dell'infermiera, ma anche sul contesto che ha reso possibile le imprese della coppia. Di silenzi e di opportunismi pullulano le carte dell'inchiesta, a partire da quelle contenute nelle relazioni conclusive della commissione interna di indagini, i cui membri sono finiti tutti sotto inchiesta. Ma la responsabilità più vistosa secondo gli inquirenti ricade su Scoppetta, che «all'epoca dei fatti era il capo di Leonardo Cazzaniga, il primo a dover controllare l'operato del medico nel reparto da lui diretto», inoltre «era uno dei due membri della commissione con la medesima specializzazione di Leonardo Cazzaniga in anestesia e rianimazione» e pertanto era «perfettamente in grado di valutare l'inadeguatezza e illiceità dei trattamenti farmacologici attuati da Cazzaniga nei confronti dei cosiddetti pazienti fragili». Invece «venuto a conoscenza delle indagini in corso (...) ha sempre mantenuto un comportamento teso a ostacolare le indagini e a influenzare i propri sottoposti in modo che rendessero dichiarazioni reticenti davanti all'autorità giudiziaria».
Ai giudici del Riesame, a sostegno della richiesta di arrestare il direttore del pronto soccorso, il pm riporta le intercettazioni in cui Scoppetta invitava un medico, Michela Monza, a rispondere «con intelligenza» alle domande degli inquirenti. Ovvero, «non in maniera spontanea e secondo verità, ma secondo convenienza», scrive il pm. Inoltre Scoppetta scenderebbe a patti con un'altra dottoressa, Simona Sangion, che minacciava di «fare un casino» offrendole un posto fisso in cambio dei suoi silenzi. Va detto che ieri la Sangion in una lettera al Corriere nega di avere mai saputo nulla di quanto accadeva al pronto soccorso quando era di turno Cazzaniga.
Davanti al pm Ria e al procuratore Gianluigi Fontana, tre giorni fa Scoppetta - assistito dall'avvocato Massimo Pellicciotta - si era avvalso della facoltà di non rispondere. Dopo di lui è continuata la sfilata davanti agli inquirenti dei suoi colleghi, indagati a piede libero per i medesimi reati.
Ieri è stato il turno di Roberto Cosentina, direttore sanitario dell'ospedale, che istituì - dopo la denuncia di due infermieri - la commissione di indagine interna e ne avvallò le conclusioni assolutorie verso l'operato di Cazzaniga. Da alcune intercettazioni si capisce che Cosentina era al corrente anche della dipendenza da cocaina di Cazzaniga e che ciò nonostante permise che rimanesse in servizio.
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