Sasso sfonda il parabrezza: una donna muore d'infarto

La vittima, 62 anni, tornava da una serata di preghiere ed era sull'auto di amici. Dei responsabili nessuna traccia

Luca Fazzo

Milano Ancora pochi minuti, e la Nilde sarebbe arrivata a casa. Adesso che non c'è più, se un senso si dovesse cercare nella storia senza senso che l'ha uccisa, sarebbe quasi di consolazione: perché Nilde Caldarini è morta per essere uscita di casa insieme ai suoi amici per andare a pregare il Signore in cui credeva. Le ultime ore della sua vita le ha passate in una parrocchia, a tu per tu col suo Dio. Le consolazioni finiscono qui. Perché a ucciderla a sessantadue anni è stata la riapparizione del più folle dei passatempi insensati della provincia italiana, un virus delle teste dilagato da nord a sud.

Alle undici e mezza di giovedì sera, qualcuno ha deciso di combattere la noia arrampicandosi su un terrapieno, sulla strada che porta alla vecchia cascina Viscontina, a Cernusco sul Naviglio; raccattando in un parcheggio un blocco di cemento; e aspettando che sulla provinciale per Agrate apparissero i fari di un'auto. Ne passano poche, di auto, a quell'ora. Quando la Opel Astra con la Nilde e i suoi amici ha illuminato la strada, il masso di cemento è partito. Centro perfetto: sembra di sentire le grida di hurrah dei criminali. Nell'auto, invece, sembra che il parabrezza esploda. Il guidatore dell'Astra non sbanda, mantiene il controllo. Il cemento ha fatto un buco nel parabrezza a destra, dove è seduta la Nilde. Il tempo di fermare l'auto, di raccapezzarsi, e gli altri del gruppo di preghiera si accorgono del buco e del sasso. E che la loro amica sta male.

L'ambulanza, l'ospedale San Raffaele dove la Nilde arriva già morta. La prima ipotesi è che il sasso abbia colpito in pieno la donna sfondandole lo sterno, ed è questa la prima segnalazione che parte per la Procura della Repubblica, dove è di turno il pm Silvia Bonardi. Ma tracce evidenti di traumi sul corpo della Nilde non ci sono. E così, in attesa dell'autopsia disposta dal pm, la spiegazione più probabile è che a stroncarla sia stato lo choc, il cuore che ha ceduto. Ma poco cambia. Il suo assassino è chi ha lanciato il blocco di cemento, dall'alto del terrapieno.

Non ci sono telecamere, sulla Provinciale e sulla via per la Viscontina, che inquadrino il tratto di strada nè il terrapieno. Ma a dare la certezza che il sasso è stato lanciato apposta è la dimensione stessa del blocco, troppo pesante e grosso per essere schizzato sotto le ruote di un altro veicolo. Così i carabinieri di Cassano adesso frugano nelle riprese della zona alla ricerca di una figura sospetta, o probabilmente più d'una: perché la storia di questi anni insegna che i lanci sono imprese collettive, crimini dove la spinta del branco è fondamentale nel perdere le remore. «Dai, facciamolo».

Nell'inchiesta aperta dal pm Bonardi il reato per adesso è «morte per conseguenza di un altro reato», delitto affine all'omicidio colposo. Sarà poi lo sviluppo delle indagini a poter modificare l'accusa in omicidio volontario, che fu contestata già ai primi ideatori di questa demenziale prassi, i lanciatori dal cavalcavia di Tortona nel 1996: tutti peraltro già liberi.

Ma per adesso la sfida vera è catturare i responsabili della morte della Nilde, e non sarà facile, se video e celle telefoniche non aiuteranno. L'ultimo italiano ammazzato da un sasso lanciato fu nel 2006 Natale Gioffrè, sull'Autostrada del Sole vicino Cassino: i responsabili non sono mai stati individuati.

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