Cronache

Lo sbarco choc coperta dal velo. "Convertita all'islam per scelta"

Scende dall'aereo con un chador verde: "A metà prigionia chiesi il Corano, mai costretta a sposarmi"

Lo sbarco choc coperta dal velo. "Convertita all'islam per scelta"

Silvia Romano sembra che sia stata colpita da una specie di sindrome di Stoccolma in salsa islamica. Dall’aereo dei servizi segreti che la riporta in Italia scende coperta dalla testa ai piedi da un mezzo burqa verde Islam. E conferma subito di essersi convertita ad Allah, ma puntualizza che “è stata una mia libera scelta”. Sull’ipotesi di unione forzata con uno dei tagliagole che la tenevano prigioniera sostiene che non si è mai sposata. Però la palandrana verde che fungeva da abbondante velo islamico potrebbe anche nascondere il pancione di un figlio in arrivo o partorito da poco in cattività. Niente di male se a partire dalla conversione, l’unica certezza per ora, fosse stata una tattica di sopravvivenza. Buon viso a cattivo gioco per non farsi sgozzare come infedele davanti a una telecamera o venire rinchiusa in un buco come un topo. Però la scelta dell’abito e delle prime parole pronunciate dalla cooperante fa pensare al contrario. Silvia ha sottolineato subito che “non ha subito costrizioni fisiche, né violenze” dai carcerieri, nonostante sia stata portata dal Kenya alla Somalia e spostata in almeno tre covi dai terroristi legati ad Al Qaida. Addirittura ha sostenuto di non essere “mai stata carcerata”, ma spostata gentilmente da casa in casa. Anche davanti agli inquirenti ha tenuto a ribadire di essere stata “sempre trattata bene”. Mai minacciata, incatenata o peggio come è capitato a tutti gli ostaggi occidentali in Somalia? Sembra di no, ma se fosse stato veramente tutto rose e fiori avrebbe passato più una vacanza stile avventure nel mondo piuttosto che un sequestro.

L’aspetto preoccupante è che una volta liberata sulla strada fra Afgoye e Mogadiscio l’italiana non ha praticamente aperto bocca, soprattutto con i servizi somali che hanno partecipato all’operazione assieme ai turchi per riportarla a casa. Secondo una fonte a Mogadiscio non ha fornito alcuna indicazione utile sui suoi sequestratori. Li voleva proteggere perché si è convertita all’Islam o per altri motivi? La doverosa speranza è che Silvia abbia chiarito la faccenda nelle quattro ore di deposizione alla procura di Roma, che indaga sul suo rapimento, raccontando tutto nei dettagli senza la reticenza dimostrata a Mogadiscio. Dalle prime indiscrezioni sul racconto di Silvia sembra che fosse più “ospite”, che ostaggio.

Se così fosse suonerebbe tragicamente beffardo avere pagato un consistente riscatto per tirare fuori dall’inferno somalo una specie di quinta colonna “innamorata” dell’Islam. Soldi che per di più serviranno ai cugini di Al Qaida nel Corno d’Africa per continuare la lotta contro i “crociati invasori”. Nel mirino c’è pure il mini contingente di un centinaio di addestratori italiani dell’esercito somalo. I nostri sono già stati colpiti da attentati per fortuna senza caduti. Non si lascia indietro nessuno, ma va fatta luce fino in fondo sui 18 mesi del sequestro e sul possibile lavaggio del cervello dell’ostaggio da parte dei manipolatori jihadisti.

Un déjà vu, senza conversione, che ha riguardato anche il caso delle due Simone rapite in Iraq. Una volta tornate a casa sane e salve ringraziavano ben più i loro carcerieri, che il governo e la Croce Rossa che ne avevano favorito la liberazione. Altre due Vispe Terese umanitarie, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli sequestrate in Siria, prima ancora di partire avevano lasciato inequivocabili tracce su Facebook con tanto di kalashnikov avvolto dai fiori, insulti alle Nazioni Unite troppo tenere con Damasco e amicizie virtuali con tagliagole ribelli anti Assad.
E ogni liberazione è costata un sacco di soldi allo Stato italiano, anche se non si può dire e certo non esistono ricevute.

Dall’Iraq alla Somalia le cooperanti affette da diverse gradazioni della sindrome di Stoccolma ci sono costate almeno 14 milioni di euro pagati in dollari sonanti, l’unica moneta dei riscatti.

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